giovedì 27 luglio 2023
Il presidente filo-occidentale Mohamed Bazoum è bloccato nel palazzo. Due battaglioni dell’esercito mobilitati in sua difesa. Le preoccupazioni di Roma
ll presidente del Niger, Mohamed Bazoum

ll presidente del Niger, Mohamed Bazoum - Reuters

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Sono ore di tensione a Niamey, capitale del Niger. Le guardie presidenziali si sono rivoltate contro il presidente filo-occidentale Mohamed Bazoum con l’intenzione, almeno così è sembrato, di difendere il loro capo, legato all’ex uomo forte Mahamadou Issoufou. Il tentativo di golpe per il momento risulta contenuto. Ma il Niger rimane una pentola in ebollizione pronta ad esplodere.

Mohamed Bazoum era nel suo palazzo ieri mattina quando i suoi “pretoriani” hanno bloccato le uscite, di fatto sequestrandolo. «Il presidente e la sua famiglia stanno bene – ha assicurato poi una nota della presidenza nigerina –. L’esercito è pronto ad attaccare i soldati ammutinati della guardia presidenziale se questi non si ritireranno».

Ma le dinamiche e l’esito dell’evento restano confusi. E e i dettagli pochi. Dopo una giornata silenziosa, alcuni spari si sono sentiti verso il tramonto.

Secondo alcuni testimoni, Bazoum aveva annunciato proprio ieri mattina il licenziamento del generale Abdourahamane Tchiani, da oltre dieci anni a capo della guardia presidenziale. Quest’ultimo, non avendo alcuna intenzione di lasciare il suo ruolo, avrebbe ordinato ai suoi uomini di bloccare le entrate del palazzo e sequestrare il presidente con moglie e figli. Aeroporto e sede della TV nazionale sono circondati da soldati nigerini.

Secondo alcune fonti militari citate dalla stampa francese si tratterebbe di un «ammutinamento» e di «richieste corporative su bonus e le carriere di alcuni soldati». Nel pomeriggio è stato confermato il movimento di almeno due battaglioni dell’esercito stanziati in altre regioni ma pronti a intervenire militarmente per liberare il capo di Stato nigerino.

I negoziati in corso tra Tchiani e l’esercito avrebbero quindi riportato la situazione sotto controllo nonostante i comunicati pubblicati da alcune ambasciate nel Paese. «La società civile sta organizzando una manifestazione a sostegno del presidente», ha detto una fonte italiana in loco costretta a rimanere anonima per ragioni di sicurezza. «Confermo che alcuni contingenti militari stanno marciando verso Niamey. Per il momento si profila lo scenario di una transizione militare gestita dall’esercito».

«Il Niger ci è caro e stiamo seguendo minuto per minuto quello che sta succedendo, mentre stiamo contattando i 170 italiani che sono laggiù – ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani –. Ci sono anche i nostri militari e al momento nessuno corre pericolo».

L’Italia, come altri Paesi occidentali, sta investendo molto nel futuro prossimo del Niger. Bazoum e i suoi collaboratori passano spesso per Roma, partecipano a convegni e firmano accordi.

Il Niger è una delle rotte principali per i migranti dell’Africa occidentale e centrale che vogliono raggiungere la Libia. Alcuni dei migranti continuano invece verso l’Europa. L’Italia ha firmato accordi con entrambi i Paesi per limitare il traffico di esseri umani. Inoltre sono regolari gli addestramenti che i militari italiani e europei offrono alle truppe nigerine in difficoltà nel contrastare l’avanzata jihadista.

«Con il Fondo Migrazioni 2023 abbiamo avviato dei finanziamenti a favore dell’Onu per combattere la migrazione clandestina – affermava solo settimana scorsa la Farnesina –. Nello specifico è stato disposto uno stanziamento di 8,5 milioni per progetti in Libia e di 7,5 milioni per quelli in Niger». Partner privilegiato dell’Occidente e situato in mezzo alla regione del Sahel, il Niger subisce attacchi terroristici da diversi anni.

Dopo il ruolo di ministro dell’interno, Bazoum è stato eletto presidente nel 2021 con la promessa di migliorare i livelli di sicurezza attraverso l’intero territorio. Invece, per ora, la storia sembra ripetersi con una lunga lista di golpe falliti o riusciti da quando il Paese ha conquistato l’indipendenza dalla Francia nel 1960. In seguito ai quattro colpi di Stato avvenuti nei vicini Mali e Burkina Faso da una parte e a causa della tesa situazione politica in Ciad dall’altra, il Niger è uno dei pochi Paesi saheliani ad aver organizzato delle elezioni democratiche. Da ieri le cose potrebbero però cambiare radicalmente.


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