venerdì 16 luglio 2021
Varsavia «non garantisce l'indipendenza» ai magistrati. Morawiecki: prima dell'Europa viene la Costituzione. Al via le inchieste sulle «zone libere» da omosessuali e sulle leggi restrittive di Orban
Proteste davanti alla sede del Parlamento a Budapest

Proteste davanti alla sede del Parlamento a Budapest - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

È sempre più scontro tra Ue e Polonia e Ungheria. Perché ieri è stata una giornata ricca di eventi, con la sentenza della Corte di giustizia europea che ha definito contraria al diritto Ue la nuova normativa disciplinare polacca per i giudici, con l’annuncio della Commissione di procedure d’infrazione contro Budapest e Varsavia per il trattamento delle persone Lgbt.
Lo scontro più virulento è ora con Varsavia con una serie di botta e risposta: prima, mercoledì, la richiesta della Corte Ue di uno stop alla normativa disciplinare. Poi, a ruota, la sentenza della Corte costituzionale polacca che ha definito la richiesta Ue «incostituzionale». Ieri è arrivato il verdetto della Corte Ue sulla normativa, che agli occhi di Bruxelles e dei critici punta a mettere i giudici sotto il controllo del governo nazional-populista del PiS di Jaroslaw Kaczynski. Con la legge, afferma la Corte Ue, «la Polonia è venuta meno ai suoi obblighi in virtù del diritto comunitario». La nuova camera disciplinare «non offre tutte le garanzie d’imparzialità e d’indipendenza e, in particolare, non è al riparo dalle influenze dirette o indirette dei poteri legislativi ed esecutivi». Contestato anche il metodo di scelta dei giudici della Corte suprema da parte del Consiglio nazionale della magistratura, che «è stato fortemente rimaneggiato dai poteri esecutivi e legislativi, il che genera legittimi dubbi sulla sua indipendenza». Inoltre «il regime disciplinare consente di qualificare come infrazione disciplinare i contenuti delle decisioni giudiziarie adottate dai giudici ordinari» il che «potrebbe esser utilizzato a fini di controllo politico delle sentenze o di pressione sui giudici».
Varsavia non ci sente, anzi il governo ha denunciato «motivazioni politiche» nella decisione Ue. «È una conclusione ovvia per qualsiasi cittadino polacco – ha tuonato il premier Mateusz Morawiecki – che al primo posto è la Costituzione». «Il diritto Ue – ha dichiarato un portavoce della Commissione – ha il primato sul diritto nazionale; tutte le decisioni della Corte di giustizia europea sono vincolanti per le autorità di tutti gli Stati membri e per i tribunali nazionali». Bruxelles «non esiterà ad avvalersi dei poteri conferitigli dai trattati per salvaguardare l’applicazione uniforme e l’integrità del diritto dell’Unione». A Bruxelles si sente già parlare di «Polexit» della giustizia, e in gioco sono anche tanti soldi: una magistratura indipendente è indispensabile per garantire l’applicazione del diritto comunitario e il controllo della gestione dei fondi comunitari, che Bruxelles potrebbe ora trattenere. Ieri intanto la Commissione ha annunciato l’avvio di procedure d’infrazione contro Varsavia e Budapest per il trattamento delle persone Lgbt. «L’eguaglianza e il rispetto per la dignità e i diritti umani – si legge in una nota – sono valori fondanti dell’Ue». A Varsavia sono contestate le risoluzioni di varie regioni e comuni che si sono dichiarati «zone libere dall’ideologia Lgtb». Contro l’Ungheria di Vikton Orbán, sono due punti. Il primo è l’ormai nota legge che vieta la diffusione di materiali con contenuti Lgbt che possano esser visti da minori. «L’Ungheria – si legge in una nota – ha mancato di dimostrare perché la presentazione di contenuti Lgbt sia dannoso per i bambini».
Il secondo è l’obbligo per gli editori di pubblicazioni con contenuti non eterosessuali a pubblicare un avvertimento che il libro contiene «forme di comportamento che devia dai ruoli tradizionali dei sessi», che secondo Bruxelles viola il diritto alla libertà d’espressione e alla non discriminazione. Varsavia e Budapest hanno due mesi per rispondere, altrimenti la procedura arriverà alla Corte Ue. La cui supremazia, non a caso, viene messa in discussione dai due Paesi. I quali possono rifarsi su un «modello» autorevole: la Corte costituzionale tedesca, che un anno fa dichiarò «nulla» una sentenza della Corte Ue sulla validità degli acquisti della Bce. Molto pericoloso.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: