venerdì 25 settembre 2009
Via al summit. Berlusconi scrive a Obama: lotta alla speculazione meglio del tetto ai bonus. I Grandi in cerca di un’intesa su premi ai banchieri, protezionismo, paradisi fiscali. Scontri tra polizia e manifestanti.
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I leader del G20 hanno deciso che sarà il formato allargato ai Paesi emergenti, guidati da Cina, India e Brasile, a sostituire il G7 nella gestione delle questioni economiche. È stato anche raggiunto, come previsto, un accordo sui bonus per i manager delle banche, con possibili sanzioni per le banche che non rispettano le nuove norme. Gli Stati Uniti hanno spinto per inserire le nuove regole nell'accordo di Basilea 2, per farli entrare in vigore nel 2011. La decisione di puntare sul G20 per le questioni economiche porta al tavolo i paesi necessari per costruire un'economia globale più forte e bilanciata, una riforma del sistema finanziario, un miglioramento delle condizioni di vita dei paesi più poveri. La città di Pittsburgh continua intanto ad essere posta sotto stato d'assedio: negozi, uffici e scuole chiusi, spiegamento imponente delle forze dell'ordine e massimo stato d'allarme. Ieri, proprio mentre l'aereo del presidente americano atterrava a Pittsburgh, si sono verificati una serie di incidenti che hanno portato all'arresto di 15 persone. I manifestanti hanno infranto le vetrine di alcuni negozi e lanciato pietre ai poliziotti, i quali per disperderli sono ricorsi ai lacrimogeni. Tra gli striscioni esposti dai protestatari, alcuni recitavano "Nessuna speranza nel capitalismo", 'Il dissenso è la base della democrazia" oppure più semplicemente, "Siamo arrabbiatissimi". Nuove manifestazioni sono previste oggi: tra gli obiettivi cosiddetti sensibili, alcuni fast food e altri punti di ristoro di catene americane famose come Starbucks.L'analisi del summit. Sarà un G20 più difficile di quello di aprile a Londra. Ma il vertice apertosi ieri a Pittsburgh ha il potenziale di indicare, se non una soluzione, una cornice entro la quale inquadrare la crescita economica perché sia più «equilibrata» che in passato. Proprio perché l’emergenza recessione è alle spalle e i sette Grandi, più la Russia e i Paesi emergenti del calibro di Cina, India e Brasile possono ora parlare di ripresa, un consenso appare meno a portata di mano. La bozza del comunicato finale non menziona per esempio l’imposizione di un tetto ai bonus dei banchieri, una proposta su cui era attesa una larga convergenza. Una delle tante questioni aperte sulle quali i mercati, le banche, le aziende esportatrici e i lavoratori del pianeta aspettano risposte.Quello che non emergerà di certo da Pittsburgh è una exit strategy per il dopo-recessione. Le richieste di Francia e Germania di un graduale ritiro degli aiuti statali all’economia saranno infatti soffocate dalle proteste di tutti gli altri, Usa, Gran Bretagna e Canada in testa, che la ripresa è ancora troppo debole per camminare da sola. Barack Obama però è arrivato a Pittsburgh – dove ieri la polizia ha lanciato lacrimogeni contro un gruppo di manifestanti –, direttamente da una maratona di quattro giorni al Palazzo di vetro, non privo di ambizioni. Il presidente Usa vorrebbe inserire nel documento conclusivo una frase che induca i Paesi risparmiatori, come la Cina e, in misura molto minore, la Germania, a consumare di più, in modo da ridurre lo squilibrio commerciale fra gli Stati che comprano (Usa in primis) e quelli che vendono. L’idea non è invisa a Pechino, che sta cercando di allontanarsi da un’economia trainata solo dalle esportazioni che le è costata cara durante la crisi che ha colpito i suoi clienti. Ma i leader cinesi restano contrari a qualsiasi misura anche vagamente vincolante. C’è da aspettarsi dunque che tentino di annacquare la proposta americana di affidare al Fondo monetario internazionale il compito di monitorare le economie del G20 e di suonare l’allarme quando un Paese eccede nell’indebitamento (come ha fatto l’America negli anni precedenti la crisi) o, al contrario, nell’ammassare riserve. La Cina detiene 2.130 miliardi di dollari di riserve straniere, il 70% in buoni del Tesoro o azioni americane.In quest’ottica, stando a Edwin Truman del Peter G. Peterson Institute for International Economics, la sola presenza nel comunicato finale di parole come «equilibrio della crescita globale» segnerebbe una svolta. «Nello stesso modo in cui il G7 di Portorico del 1976 coniò la frase "crescita non inflazionaria" – spiega – il come venne stabilito più tardi, ma indicarlo come obiettivo globale fu decisivo».Fra Obama e il sì della Cina a un documento del genere c’è però una montagna di copertoni. Con pessimo tempismo, il presidente americano ha infatti imposto la scorsa settimana tariffe del 35% sulle importazioni di gomme per auto cinesi, facendo infuriare Pechino e confermando i peggiori timori internazionali che l’Amministrazione democratica, al di là delle sue promesse di apertura al commercio mondiale, sia vulnerabile alle pressioni protezionistiche al suo interno. Per questo Hu Jintao si preoccuperà di ripartire da Pittsburgh con solide rassicurazioni che Washington non ha nessuna intenzione di estendere i dazi anche all’acciaio. In cambio, gli Usa chiederanno a India e Cina di eliminare progressivamente i sussidi ai combustibili fossili.Usa e Cina non sono però le sole ad aver trasgredito la severa condanna del protezionismo. È alla luce di questa realtà che va vista l’attesa discussione sulla liberalizzazione del commercio internazionale e sul Doha round, che il comunicato finale del G20 sosterrà di voler rilanciare nel 2010. Almeno a parole. Sul tavolo c’è anche la riforma della governance del fondo monetario internazionale perché offra maggiore peso alle economie emergenti. Un lavoro in corso la cui fine è ancora lontana.Non c’è da aspettarsi invece un’intesa sulle nuove regole per le banche e il sistema finanziario, vale a dire tutte le riforme, con l’esclusione dei bonus per i banchieri, racchiuse sotto l’ombrello del cosiddetto Lecce frame work, proposto a giugno da Giulio Tremonti al G8 dei ministri delle Finanze. Proprio alla vigilia del vertice di Pittsburgh il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha inviato una lettera a Obama sostenendo che la lotta alla speculazione finanziaria è di gran lunga più importante dei tentativi di limitare le remunerazioni dei dirigenti bancari. Berlusconi ha poi insistito sulla necessità di applicare «regole migliori per i mercati finanziari per porre la crescita futura su fondamenta più solide», di «combattere l’evasione fiscale internazionale» e di lottare contro il protezionismo. «Ritengo fondamentale – si legge ancora nella missiva – continuare a ristabilire un clima di fiducia per i nostri cittadini, indispensabile per una ripresa dei consumi e degli investimenti».Quanto al clima, l’Unione Europea chiederà agli altri di aderire all’obiettivo Ue di ridurre le emissioni nocive del 20% entro il 2020. Nella lettera a Obama, Berlusconi ha scritto che «l’uscita dalla crisi non ci deve far dimenticare la lotta ai cambiamenti climatici». Una promessa difficile da fare per il capo della Casa Bianca, che sta incontrando ostacoli in Congresso alla sua proposta di un sistema di scambio dei "buoni ad inquinare" fra le imprese americane.
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