mercoledì 17 giugno 2015
Il sottosegretario agli Esteri Della Vedova conclude la missione. Faccia a faccia con il presidente della Conferenza episcopale locale, Joseph Coutts: «Ha insistito sull’importanza dell’educazione per una corretta trasmissione nelle scuole dell’idea di cristianesimo».
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«Le autorità pachistane sono coscienti che rispetto dei diritti umani nel Paese, lotta al terrorismo, contenimento dell’estremismo religioso e protezione delle minoranze non risultano solo costruttivi nei rapporti diretti e multilaterali, ma hanno una ricaduta sulla percezione che da noi si ha del Paese asiatico e della comunità pachistana in Italia, la seconda come consistenza in Europa con 100mila immigrati». A parlare è il sottosegretario agli Esteri e alla Cooperazione internazionale Benedetto Della Vedova, che è rientrato la notte scorsa in Italia dal Pakistan dove per due giorni ha avuto una serie di incontri ad ampio spettro. «La visita si è situata nel quadro dell’accordo strategico del 2013 e nel dialogo complessivo tra le nostre due nazioni. Un incontro diretto non avveniva da cinque anni e quindi i temi sono risultati numerosi: dai rapporti bilaterali – estesi a quelli del Pakistan con l’Unione Europea – alla situazione regionale, dal progresso economico alla fine delle discriminazioni. Con me ha viaggiato anche una rappresentanza di imprenditori e quindi negli incontri una parte importante hanno avuto i temi dello sviluppo, della cooperazione economica e commerciale, la partecipazione italiana a investimenti infrastrutturali», ricorda Della Vedova.Della Vedova ha avuto un incontro con monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale cattolica del Pakistan: «Un faccia a faccia che ho voluto per testimoniare l’attenzione e la preoccupazione del governo italiano verso la situazione delle minoranze e da cui ho riportato la consapevolezza dell’impegno della Chiesa pachistana per il dialogo e l’integrazione. L’arcivescovo Coutts ha insistito molto sull’importanza dell’educazione, sulla libertà di insegnamento per le scuole cristiane, ma anche di interventi sui piani di studio affinché il sistema scolastico trasmetta un’idea corretta del cristianesimo e faciliti il pieno diritto di cittadinanza dei cristiani».Qual è la sua impressione riguardo l’atteggiamento delle autorità e alla loro concreta possibilità per il Paese di affrontare questi problemi?Con i parlamentari membri del Gruppo di amicizia Italia-Pakistan e altri esponenti politici abbiamo discusso in modo aperto di libertà religiosa, legge antiblasfemia, pena di morte. Da questo ma anche dal confronto franco con le autorità pachistane ho compreso che c’è consapevolezza della gravità di questi temi. Quanto alla legge antiblasfemia, ho individuato la volontà di contrastare il fenomeno, tenendo presente però che gli abusi della legge non colpiscono i cristiani in quanto tali, ma in quanto minoranza, sottoposta come altre all’attacco terrorista.Gli accordi con Italia e Unione Europea vincolano il Pakistan ad aderire a una serie di convenzioni per i diritti umani. In che modo è possibile premere affinché ci sia un’azione più incisiva contro la pena di morte e la legge antiblasfemia? L’Italia, come la Ue, è contraria alla pena capitale e lo abbiamo riaffermato più volte, anche se non preclude i rapporti. Nessuna tolleranza invece riguardo l’applicazione nei confronti dei minori. Sulla legge antiblasfemia abbiamo insistito per un’attenzione verso il suo abuso, spiegando che quello che arriva all’opinione pubblica italiana complica ancor più il nostro lavoro reciproco di integrazione tra realtà italiana e comunità islamiche e rende più difficile perseguire costruttivi rapporti economici e commerciali.
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