mercoledì 19 gennaio 2011
La cristiana 37enne condannata a morte per blasfemia sarà trasferita in un luogo di detenzione più sicuro. Un provvedimento che solleva però preoccupazione, come evidenziato da un  rapporto dei servizi segreti pachistani. I ter­roristi possono infiltrar­si fra le guardie che dovrebbero proteggerla, come è accaduto per il governatore Taseer. Entro gennaio si terrà il processo d'appello.
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È un’eventualità sempre più probabile: Asia Bibi – la cri­stiana 37enne condannata a morte per blasfemia – sarà trasferita in un carcere più sicuro. Un provvedimento che però solleva insieme perplessità e preoccupazione. Come evidenziato dal rapporto dei servizi segreti pachistani – diffuso l’11 gennaio dal quotidiano Ex­press Tribune – Asia, madre di quattro fi­gli, dovrebbe lasciare la prigione di Sheikhupura, dove si trova da un anno e mezzo. Ed essere trasportata in un altro penitenziario femminile, probabilmente quello della grande città di Multan. Un’eventualità che potrebbe concretiz­zarsi – forse in elicottero – entro una set­timana. La ragione è proteggere Asia Bibi. La misura, però, comporta rischi con­creti, sia nella nuova prigione, sia durante il viaggio. La memoria dell’assassino di Salman Taseer, primo ministro della provincia del Punjab – la stessa dove sta svolgendosi la vicen­da di Asia Bibi – da parte di una sua guardia del corpo è anco­ra fortemente presente nella società civile pachistana e tra l’è­lite politica.Come ha confermato all’agenzia Fides, Haroon Masih Barker, a capo della Masihi Foundation che si occupa della difesa le­gale della donna ma anche del sostegno alla famiglia, nascosta per evitare rappresaglie dei fondamentalisti musulmani: «I ter­roristi si possono nascondere ad ogni passo e perfino infiltrar­si fra le guardie che dovrebbero proteggerla, come è accaduto per il governatore Taseer». La stessa Fondazione, in accordo con le autorità, è pronta a organizzare un servizio di scorta pri­vato che garantisca l’incolumità della donna.Asia Bibi sta aspettando l’avvio del processo d’appello da par­te della Corte Suprema di Lahore, capoluo­go della provincia, la cui prima udienza do­vrebbe essere fissata entro la fine di gennaio. Nemmeno il processo, però, è esente da ri­schi. La presenza di Asia in aula, a Lahore è, secondo i suoi difensori, «altamente scon­sigliata, perché la esporrebbe a un’azione violenta dei radicali, come accaduto ai fra­telli Rashid e Sajid Emmanuel, uccisi davanti al tribunale di Faisalabad nel luglio 2010» e in una trentina di simili casi precedenti. Gli avvocati hanno per questo deciso di chiedere che il giudizio sia celebrato all’interno del carcere, con particolari misure di pro­tezione. Sul fronte caldo della modifica della “legge antiblasfe­mia” – in base alla quale Asia Bibi è stata condannata in prima istanza – ieri è intervenuto ancora una volta il primo ministro Yousuf Reza Gilani. In un convegno di leader religiosi musul­mani, Gilani ha smentito la volontà del governo di modificare la legge ma ha anche ribadito che questa non diventerà stru­mento per la persecuzione delle minoranze. Asia Bibi, 37 anni, è stata condannata a morte per blasfemia
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