lunedì 6 aprile 2020
Padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio sono vivi. A dimostrarlo un filmato di soli 24 secondi che sarebbe stato girato nel nord del Mali pochi giorni fa
Padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio

Padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio - Matteo Fraschini Koffi

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«Mi chiamo Pier Luigi Maccalli. Di nazionalità italiana. Oggi è il 24 marzo 2020». Il timbro della voce di padre Maccalli, 59 anni, sembra un po’ provato. Con gran fatica cerca di distinguersi dal rumore del vento del Sahel. Subito dopo è il turno del suo compagno di prigionia: «Mi chiamo Nicola Chiacchio».

L’audio, che Avvenire è riuscito a ottenere attraverso una fonte intenzionata a mantenere l’anonimato, viene presto interrotto. Ma si tratta di una delle prove che confermerebbe che siano ancora in vita i due uomini, entrambi grandi conoscitori e amanti dell’Africa. Il breve documento sonoro, di soli 14 secondi, farebbe parte di un filmato di 24 secondi che sarebbe stato girato nel nord del Mali e ritrae gli ostaggi uno di fianco all’altro.

Come ulteriore prova di autenticità, Avvenire aveva prima richiesto un fotogramma del girato. A sinistra siede padre Gigi, appellativo con cui è noto specialmente ai suoi confratelli della Società delle missioni africane (Sma). Occhiali da vista semi–scuri, barba bianca e folta, vestito con un abito tradizionale. Nicola, quarantenne, siede a destra, anche lui con la barba lunga, sebbene alcune amicizie confermino che non fosse il suo stile.

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Tutti e due sono visibilmente dimagriti. Seppur sequestrati in Paesi diversi del Sahel, Maccalli in Niger e Chiacchio probabilmente in Mali, i due uomini si ritrovano ora insieme. Un fatto curioso e abbastanza raro. Il nord del Mali è infatti una vasta area grande tre volte l’Italia e occupata da numerosi gruppi jihadisti, separatisti o legati alla criminalità organizzata.

«La conferma che Gigi è in vita fa toccare con mano l’imprevedibilità della speranza – afferma padre Mauro Armanino, arrivato anche lui in Niger con la Sma nel 2011, poco dopo Maccalli –. Penso alla sua famiglia, provata da mesi di silenziosa e dolorosa attesa, e alla sua gente, quella dalla quale Pier Luigi è stato violentemente strappato».

Originario di Madignano, nella diocesi di Crema, padre Gigi era arrivato nella diocesi di Bomoanga, località a 150 chilometri a sud–ovest della capitale nigerina, Niamey. Era noto per la passione con cui trasmetteva la sua fede a tutti, musulmani e cristiani. Un gruppo di uomini armati fece però irruzione nella missione la sera del 17 settembre 2018 e sequestrò il religioso.

«Ancora non ci sono state rivendicazioni dei responsabili – affermano gli esperti –. Il suo ruolo cominciava però a dare fastidio ad alcuni leader religiosi locali che hanno connessioni con quella parte di islam più radicale». «In questo momento di emergenza sanitaria globale continuiamo a mantenere salda la nostra fede, continuiamo a pregare e ad aspettare con l’auspicio che questa Santa Pasqua ci porti come dono immenso la liberazione di padre Maccalli», ha detto all’agenzia Fides padre Antonio Porcellato, superiore generale della Sma.

Riguardo al campano Nicola Chiacchio, originario di Grumo Nevano, i racconti che amava pubblicare su Internet lo descrivono come un gran viaggiatore. «Chiudo gli occhi e avverto il vento caldo dell’Africa avvolgermi come il respiro di un inseparabile compagno – scriveva durante uno dei suoi primi viaggi nel continente nero –. E mi sembra di sentire sussurrare “quando vorrai tornare troverai sempre un volto amico ad aspettarti”».

Oltre 15 mesi fa, il viaggio dell’ingegnere aerospaziale venne però interrotto. Il rapimento di Chiacchio non era apparso sulla stampa in modo diffuso come successe invece con diversi altri italiani rapiti in Africa. Tra di essi c’è la giovane volontaria milanese, Silvia Romano, sequestrata in Kenya nel novembre del 2018. Oppure il padovano Luca Tacchetto, rapito insieme alla sua compagna canadese, Edith Blais, il 16 dicembre dello stesso anno. Per questi ultimi, la fine della prigionia è avvenuta lo scorso marzo in seguito a una rocambolesca liberazione a Kidal, città nel remoto nord–est del Mali. In quella zona si sono formati e divisi vari gruppi jihadisti. I principali sono rimasti il Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Gsim), un accorpamento di diversi militanti islamici in gran parte affiliati ad al–Qaeda.

Un’altra organizzazione jihadista è rappresentata invece dallo Stato islamico nel grande Sahara (Isgs), uno dei rami dello Stato islamico nel Sahel. Le autorità giudiziarie italiane hanno richiesto ad Avvenire l’audio del filmato. L’unità di crisi della Farnesina segue entrambi i casi di sequestro.

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