
Donald Trump stringe la mano ad Al-Sharaa, il presidente siriano, sotto lo sguardo vigile del principe arabo Mohammad bin Saman - Ansa
Se s’innamora della Siria, il Trump d’Arabia potrebbe avere altre sorprese in serbo. All’indomani dell’annuncio della rimozione delle sanzioni e della normalizzazione dei rapporti con Damasco, il presidente americano a Riad ha incontrato l’omologo siriano Ahmad al-Sharaa, l’ex qaedista al-Jolani. Di lui ha detto: «È un giovane attraente, un tipo duro».
Non si è trattato di un «saluto» breve, come annunciato la sera prima dalla Casa Bianca. Che già sarebbe stato significativo, dal momento che erano venticinque anni che un presidente Usa non incontrava un presidente siriano. Trentatré minuti è durato il colloquio, alla presenza del padrone di casa, Mohammed bin Salman – «Che cosa non farei per il principe ereditario!» ha detto Trump –, e sotto lo sguardo compiaciuto del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, “sponsor” dei nuovi padroni di Damasco, collegato in video.
In viaggio per affari, il tycoon ha prestato orecchio attento all’offerta di Damasco. Anche se è arrivata dal leader che guida il gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) classificato da Washington tra le organizzazioni terroriste. L’auspicio di al-Sharaa è che il suo Paese «svolga un ruolo critico nel facilitare il commercio fra Oriente e Occidente» e per questo, riferisce la Casa Bianca, «ha invitato le aziende americane a investire nel petrolio e nel gas in Siria». Ha inoltre «riconosciuto la significativa opportunità presentata dal fatto che gli iraniani abbiano lasciato la Siria, e i comuni interessi con gli Usa nell’antiterrorismo e nell’eliminare le armi chimiche». Infine, «ha confermato il suo impegno per l’accordo firmato nel 1974 fra Siria e Israele». Indiscrezioni pubblicate dal Times riferivano della proposta siriana di un’intesa per lo sfruttamento americano delle risorse del sottosuolo sul modello di quella firmata il 30 aprile dall’Ucraina, e per la costruzione di una Trump Tower a Damasco.
Per il turco Erdogan la revoca delle sanzioni ha «un’importanza storica», potrebbe rappresentare uno stimolo per gli investimenti e «sarà d’esempio per altri Paesi». Ankara, ha detto, sostiene una Siria «stabile, ricca» e che non costituisca una minaccia per i vicini. Quanto alla lotta all’Isis, la Turchia è impegnata al fianco di Damasco. Il presidente turco si è detto anche fiducioso «del sostegno di Trump ai nostri sforzi per porre fine alla tragedia umanitaria di Gaza». Da parte sua, Trump ha chiesto ad al-Sharaa di «deportare i terroristi palestinesi, aiutare gli Stati Uniti ad impedire una rinascita dell’Isis e assumersi la responsabilità dei centri di detenzione nel nord della Siria». Lo ha anche incoraggiato a «fare qualcosa di storico per il suo Paese». Come aderire agli Accordi di Abramo riconoscendo Israele, ha suggerito. Uno scenario poco realistico al momento, con l’esercito dello Stato ebraico che da dicembre ha sconfinato sul versante siriano del monte Hermon occupando una «zona cuscinetto di sicurezza» che gli consente di controllare dall’alto la Siria meridionale fino a Damasco. Mentre dall’aria continua ad attaccare ogni presunta «minaccia». All’inizio di maggio, un raid ha colpito vicino al palazzo presidenziale. Nei giorni scorsi, ricevuto a Parigi da Macron, al-Sharaa aveva ammesso che sono in corso negoziati indiretti con Tel Aviv «per evitare che la situazione sfugga al controllo». Trump ha riferito che il leader di Damasco sarebbe favorevole a rapporti con Israele ma «ha detto che ha molto lavoro da fare».
Quanto a Tel Aviv, dovrebbe riconoscere che le relazioni fra Washington e i Paesi del Golfo «sono un bene» anche per i suoi interessi. «Se non fosse stato per noi – ha insinuato Trump – probabilmente non sarebbe vivo nessuno degli ostaggi». Nel secondo giorno del suo viaggio in Medio Oriente, il presidente Usa ha lasciato l’Arabia Saudita per il Qatar. Scortato a Doha da una schiera di Tesla Cybertrunck rossi, è stato accolto dall’emiro Tamin bin Hamad al-Thani.
«So che sei un uomo di pace – gli ha detto –. Speriamo che questa volta possiamo fare la cosa giusta e portare la pace qui nella regione». Nell’attesa, Qatar Airways ha ordinato Boeing per 200 miliardi di dollari. Trump è il primo presidente americano in visita ufficiale in Qatar. Trump tornerà con la “valigia piena”: il tycoon ha strappato, secondo la Reuters, un impegno economico da 1,2mila miliardi. Il suo tour si concluderà negli Emirati.