giovedì 21 luglio 2011
La situazione è disperata in due aree meridionali sotto il controllo dei ribelli di al-Shabaab. Lunedì vertice Fao a Roma. «Centinaia di persone muoiono ogni giorno e se non ci muoviamo altri faranno la stessa fine».
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È ormai diventata una difficilissima lotta contro il tempo quella che sta combattendo giorno dopo giorno la popolazione del Corno d’Africa. Dagli uffici di Ginevra, è arrivato ieri l’annuncio che siamo giunti all’ultimo stadio dell’emergenza, quello della carestia.«Le Nazioni Unite hanno dichiarato oggi lo stato di carestia in due regioni della Somalia meridionale: il Sud di Bakool e il Basso Shabelle», ha confermato l’Ufficio Onu per il coordinamento degli Affari umanitari (Ocha): «In quest’area sono almeno 350mila le persone colpite dalla fame nella più grave crisi alimentare in Africa degli ultimi vent’anni». Lo stato di “carestia” significa che almeno il 30% dei bambini siano affetti da acuta malnutrizione, e che «due adulti o quattro bambini su 10mila persone muoiano di fame ogni giorno». «Se non interveniamo ora – ha dichiarato durante una conferenza stampa a Nairobi Mark Bowden, direttore di Ocha-Somalia – la carestia si espanderà nell’arco di due mesi alle restanti otto regioni della Somalia centro-meridionale». A Nairobi e Addis Abeba, rispettivamente le capitali del Kenya e dell’Etiopia, le agenzie umanitarie stanno tentando di gestire riunione dopo riunione una situazione destinata a peggiorare durante le prossime settimane. Secondo le Nazioni Unite, sonopiù di dieci milioni i civili colpiti dalla crisi, ma altre organizzazioni non governative parlano di oltre dodici milioni. «Centinaia di persone stanno morendo ogni giorno, e se non agiamo molti altri periranno», ha detto Jaques Diouf, direttore generale della Fao che ha richiesto 120 milioni di dollari per affrontare la crisi: «Noi dobbiamo evitare una tragedia di vaste proporzioni». E lunedì a Roma è in programma proprio un vertice straordinario sull’emergenza. Un miliardo e 600 milioni di dollari è invece la cifra che il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha stimato ieri: «Le conseguenze saranno devastanti non solo in Somalia ma anche nei Paesi vicini», ha detto rivolgendosi ai Paesi donatori. Il Programma alimentare mondiale (Pam) afferma invece che la crisi del Corno d’Africa deve avere la priorità assoluta a livello globale. «Da oltre sei mesi il Pam, con il sostegno di molti, ha intensificato la propria azione per arginare gli effetti di questa siccità», ha spiegato Josette Sheeran, direttore esecutivo dell’organizzazione: «La sua gravità e ampiezza, insieme all’impossibilità delle agenzie umanitarie di avere accesso a tutte le aree colpite, ha fatto esplodere una vera e propria emergenza che richiede un immediato intensificarsi dell’azione». I ribelli somali qaedisti dell’al-Shabaab hanno permesso ad alcune agenzie umanitarie di distribuire aiuti nelle zone da loro controllate, una mossa vista con sospetto da molti. Le Nazioni Unite hanno infatti richiesto maggiori garanzie riguardo alla sicurezza per i loro operatori sul territorio. Alcuni analisti però iniziano ad avere dubbi non solo sui propositi dei ribelli somali, ma anche su quelli della comunità internazionale. «C’è un’importante facciata politica dietro a questo intervento umanitario che non è ancora pienamente discussa dai media», spiega un diplomatico somalo che preferisce mantenere l’anonimato perché gli è vietato parlare alla stampa: «Dichiarare lo stadio di “carestia”, per esempio, darebbe spazio a un’ingerenza non solo delle Nazioni Unite ma anche delle forze di pace Amisom (il contingente presente in Somalia, ndr), aumentando quindi le possibilità trasformare un’azione umanitaria in un’azione anche militare». Il permesso concesso alle agenzie umanitarie di operare nelle zone controllate dei ribelli – continua il diplomatico – è una scelta che ha probabilmente diviso la frangia di al-Shabaab più estremista da quella più pragmatica e politica. «Entrambe, però, hanno sicuramente l’obiettivo di ricominciare presto i combattimenti».
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