martedì 15 febbraio 2011
Sarebbero due e non uno i giovani rimasti uccisi ieri negli scontri tra polizia e manifestanti a Teheran. Forti gli slogan contro Ahmadinejad: «A morte il dittatore». Dopo i domiciliari per Karrubi, finisce in isolamento nella propria abitazione anche Mussavi. Gli Usa mandano messaggi in farsi su Twitter. E la Clinton manifesta sostegno alle aspirazioni dell’opposizione. Il presidente degli Stati Uniti ha espresso l'auspicio che «anche in Iran il popolo sia libero di esprimersi» come hanno potuto fare gli egiziani al Cairo.
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Due sono le persone rimaste uccise ieri a Teheran durante gli scontri tra polizia e manifestanti antigovernativi. Lo riferisce l'agenzia di stampa Isna, citando Kazem Jalali, membro della commissione parlamentare di sicurezza nazionale e politica estera iraniana. "Nella seduta odierna che la Commissione ha tenuto con il ministro degli interni, quest'ultimo ci ha detto che un certo numero di forze popolari e rivoluzionarie sono state ferite da arma da fuoco e due persone sono state uccise", ha spiegato Jalali. La polizia iraniana in mattinata aveva invece reso noto che solo una persona era rimasta uccisa durante le proteste antiregime, per mano di un gruppo di fuorilegge.L'INVITO DEL PRESIDENTE OBAMA AGLI IRANIANIIl presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha espresso oggi l'auspicio che «anche in Iran il popolo sia libero di esprimersi» come ha potuto fare il popolo egiziano al Cairo. Obama ha detto di «sperare» che l'Egitto «possa essere di esempio a tutta la regione medio orientale, anche se ogni Paese ha la propria identità». Obama, «spera» che, come successo in Egitto, gli iraniani «abbiano il coraggio» di continuare a protestare. Riconoscendo che per loro è più difficile, perché mentre in Egitto l'esercito si è comportato in modo lodevole, in Iran le autorità iraniane hanno risposto con la violenza alle proteste. - Obama ha definito «ironica» la situazione in Iran. Perché da un lato il governo iraniano ha «celebrato» le proteste in Egitto, dall'altro «si rifiuta» di consentire analoghe proteste nelle sue strade. «In queste regione il vero cambiamento non è destinato ad avvenire attraverso il terrorismo. Non è destinato ad avvenire perchè si uccidono persone innocenti». Ma grazie a «quanto avvenuto in Tunisia e in Egitto - ha aggiunto il presidente americano -i governi della regione stanno cominciando a capire».L'ONDA VERDE A TEHERANElogi e sostegno ufficiale ai manifestanti tunisini ed egiziani. Lacrimogeni e proiettili di gomma contro i manifestanti di casa propria.  Il regime iraniano è tornato ad usare la mano pesante contro l’opposizione, scesa in piazza, ieri, per sostenere le rivolte nei due Paesi nordafricani. Un corteo che ha sfidato il divieto imposto, nei giorni scorsi, dalle autorità iraniane (con l’ordine di non creare «crisi di sicurezza» nel Paese), che pure, nelle stesse ore, manifestavano solidarietà nei confronti del movimento di rivolta a Tunisi e al Cairo. Una contraddizione, questa, denunciata con forza dall’opposizione («se non permetteranno al loro popolo di protestare andranno contro tutto ciò che hanno detto e hanno fatto in merito all’Egitto, aveva detto nei giorni scorsi uno dei due leader riformisti, Mehdi Karrubi») e anche dagli Stati Uniti («Annunciando di non autorizzare la marcia dell’opposizione il governo iraniano dimostra di considerare illegali per il proprio popolo le attività elogiate nel caso dell’Egitto», ha rilevato il Dipartimento di Stato). Ma niente ha fermato il regime che, ancora una volta, non ha esitato a mostrare i muscoli contro i riformisti. Poliziotti in assetto anti-sommossa, lacrimogeni, proiettili di gomma e bande di miliziani basiji armati di manganello hanno fatto la ricomparsa in piazza con la stessa determinazione e la stessa violenza già viste durante la forte ondata di repressione dell’estate del 2009, quando centinaia di migliaia di iraniani si riversarono nelle strade per protestare contro le contestate presidenziali che portarono alla rielezione del presidente Ahmadinejah. Teheran è tornata ad essere quella di allora, in particolare piazza Enghelab (piazza della Rivoluzione), dove si sono concentrati gli scontri. Ma cortei e disordini si sono registrati anche in altre città, come a Isfahan e Shiraz. Stessi slogan («a morte il dittatore!»), stesse scene (le cariche della polizia, gli assalti dei basiji), stessi blocchi alla rete cellulare, identica la macchina della repressione: almeno 250 arresti – tra questi il console spagnolo a Teheran Ignacio Perez Cambra, fermato con l’accusa di aver assistito ai cortei e rilasciato dopo quattro ore – e un primo morto: un giovane che, secondo i siti di opposizione, sarebbe stato ucciso dalle forze di sicurezza nel centro della capitale. Una notizia che per non è stato possibile verificare in quanto, come accaduto nel 2009, le autorità hanno impedito ai giornalisti stranieri di seguire l’evento. Poi è giunta la conferma dell’agenzia ufficiale Fars che però ne ha attribuito la responsabilità ai «sediziosi».Quel che è certo, il regime iraniano, così prodigo di complimenti verso il movimento di rivolta egiziano, non ha perso tempo ad organizzare la reazione contro il dissenso interno. Nei giorni scorsi ha posto agli arresti domiciliari Karrubi; ieri è finito in isolamento nella sua abitazione l’altro leader riformista, Mir-Hossein Moussavi.L’Onda verde si è però risvegliata. L’ultimo corteo, nel dicembre 2009, era finito nel sangue, con otto morti. Poi un lungo periodo di silenzio. Ora il movimento si sta ritrovando. Si sta riorganizzando come sempre su Facebook e Twitter. Significativamente, il Dipartimento di Stato Usa, consapevole dello «storico ruolo» svolto dai social network nelle protesta, ieri ha iniziato a inviare messaggi su Twitter ai giovani iraniani in farsi, la lingua locale. Mentre da Washington il segretario di Stato Hillary Clinton ha espresso il suo sostegno alle «aspirazioni» dell’opposizione iraniana, invitando il regime degli ayatollah a «sbloccare» il suo sistema politico. Anche Gran Bretagna e Francia hanno chiesto a Teheran di rispettare il diritto di espressione dei manifestanti iraniani. Barbara Uglietti
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