lunedì 7 dicembre 2009
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Barack Obama rilancia sul clima. Nella speranza di trascinare Cina e India verso un’intesa e di mettere il Congresso Usa di fronte al fatto compiuto di un accordo internazionale sulle riduzioni dei gas nocivi, il presidente americano ha confermato di avere spostato la data della sua partecipazione al vertice di Copenaghen sul clima. Non andrà più all’inizio dei lavori, mercoledì prossimo, ma in chiusura, il 17 e 18 dicembre. In questo modo conta di esercitare maggiori pressioni sulle altre grandi potenze inquinanti perché sottoscrivano insieme a lui e al resto della comunità internazionale se non un accordo tecnico (che potrebbe venire più tardi) per lo meno un patto politico vincolante contro le emissioni responsabili dell’effetto serra. Obama ha spostato di dieci giorni il viaggio ma non ha aumentato la percentuale dei gas che la Casa Bianca si è impegnata a tagliare. La misura resta del 17 per cento entro il 2020, rispetto ai livelli del 2005, sempre che il Senato lo confermi approvando una legge così improntata e già in discussione. Ma la decisione mette in evidenza la spinta che l’Amministrazione Obama ha deciso di imprimere ai colloqui, che fino a poche settimane fa sembravano condannati al fallimento proprio dall’assenza di posizioni specifiche da parte di Usa, Cina e India. Ora, grazie alle iniziative di Washington, tutti e tre i colossi si sono pronunciati sulla quantità di riduzioni che intendono conseguire, e tutti e tre hanno annunciato una presenza al vertice sul clima, che formalmente si apre domani, ai massimi livelli. All’apprendere che Obama si sarebbe fermato in Danimarca sulla via per Oslo, dove ritirerà il premio Nobel per la pace giovedì prossimo, il primo ministro cinese Wen Jiabao aveva infatti assicurato il suo viaggio in Danimarca. E ieri, sulla scia dello spostamento di date di Obama, il primo ministro indiano Manmohan Singh ha fatto sapere che andrà al summit nei suoi giorni finali. Una decisione che, ha confermato New Delhi, è arrivata proprio sulla scia dell’insistenza del presidente Usa e di quello francese Nicolas Sarkozy. L’India recentemente ha anche accettato di ridurre le emissioni di anidride carbonica tra il 20 e il 25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005. La svolta di Washington a è però tutt’altro che azzardata. La Casa Bianca ha calcolato che ora il rischio che il summit si concluda con un fiasco è basso e che la presenza del presidente nella fase decisiva dei colloqui è meno pericolosa.Ufficialmente la Casa Bianca ha detto di essere giunta alla decisione dopo aver preso atto delle richieste avanzate da diversi leader mondiali, che convergeranno in Danimarca proprio il 17 dicembre, e dopo aver visto «i progressi che sono già stati realizzati per dare una spinta dinamica ai negoziati». Un punto importante che ha portato al cambio di date è stato un maggiore impegno da parte dei Paesi ricchi nel mobilitare risorse per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Ora infatti si parla di 10 miliardi di dollari l’anno entro il 2012, cifra verso la quale gli Usa hanno promesso ieri di «pagare la loro parte». Un’altra promessa che ha incoraggiato i leader mondiali. Sia Sarkozy che il primo ministro danese Lars Lokke Rasmussen, fino al premier britannico Gordon Brown, hanno accolto con grande soddisfazione la notizia sia dell’arrivo di Obama il 17 che la sua apertura sui contributi ai Paesi poveri.Lo spostamento del viaggio offrirà inoltre a Obama l’opportunità firmare con il collega russo Dmitri Medvedev il nuovo accordo sulla riduzione degli arsenali nucleari che prenderà il posto di Start 1, scaduto proprio ieri. Tra Washington e Mosca restano ancora differenze in materia, ma entrambi i leader hanno il massimo interesse nel siglare l’intesa di fronte alla platea mediatica internazionale di Copenaghen. Obama ha infatti bisogno di mostrare successi concreti sul piano internazionale a un’opinione pubblica che negli ultimi giorni, per la prima volta, ha spinto il suo livello di popolarità sotto la soglia del cinquanta per cento.
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