sabato 24 gennaio 2009
All’indomani della Marcia per la vita, il presidente ribalta la «politica di Città del Messico» di Ronald Reagan:«Difenderò il diritto di scelta». Eliminato il divieto del predecessore di finanziare associazioni e Ong internazionali che praticano le interruzioni di gravidanza. La Chiesa Usa «preoccupata».
COMMENTA E CONDIVIDI
Lo aveva promesso in campa­gna elettorale. E puntuale è ar­rivato il provvedimento. Ieri il presidente Usa Barack Obama ha firmato un “executive order” che cancella il divieto, confermato in­vece da Bush nel 2001, di finanzia­re con fondi federali le associazioni e i gruppi internazionali che prati­cano o promuovono l’aborto all’e­stero. Una decisione tanto attesa quanto scontata. La regola, nota come “glo­bal gag rule” (legge bavaglio globa-­le), esclude dal finanziamento an­che quelle associazioni che fanno pressioni a favore dell’allentamen­to delle restrizioni per l’aborto. Se­condo i critici questo inficia la li­bertà di parola, da cui il sopranno­me «legge bavaglio globale». Fu Reagan durante il Summit del­l’Onu a Città del Messico nel 1984 a imporre la regola nota poi come «Politica di Città del Messico». Bu­sh senior nel 1988 confermò il di­vieto che venne invece tolto da Clin­ton nel 1993. Il resto è storia recen­te. Di fatto i presidenti repubblica­ni hanno mantenuto il no al finan­ziamento di Ong e agenzie Onu (co­me l’Unfpa) che nella pianificazio­ne familiare includono l’aborto. I democratici hanno invece sempre smontato la «global gag rule». La decisione di Obama è giunta al­l’indomani della Marcia per la vita che ha visto sfilare oltre 200mila per­sone per le strade di Washington. Un tentativo quello di non far coin­cidere l’“executive order” con la Marcia, interpretato come un segno di volontà di non andare allo scon­tro con gli antiabortisti. L’altra sera, nel 36esimo anniversario della sen­tenza Roe v Wade che ha legalizza­to l’interruzione di gravidanza nel Paese, Obama è intervenuto con un comunicato sull’aborto. Nel mes­saggio il leader statunitense ha in­vitato a «trovare un punto di incon­tro » fra coloro che sostengono che l’aborto sia un diritto e coloro che lo negano. Tuttavia Obama ha riba­dito con forza il suo pensiero: «Re­sto determinato a proteggere la li­bertà delle donne di scegliere». «Questo anniversario – ha aggiun­to il presidente – ci ricorda che que­sta decisione non solamente pro­tegge la salute delle donne e la li­bertà di riproduzione, ma simbo­leggia un principio più ampio: che il governo non si deve intromettere nelle questioni di famiglia più inti­me ». Le posizioni del nuovo inquilino della Casa Bianca fanno preoccu­pare i vescovi statunitensi. In un’in­tervista alla Radio Vaticana il ve­scovo di Orlando, monsignor Tho- mas Gerard Wenski ha detto che la Chiesa Usa «è preoccupata per il fat­to che gli ideologi pro-aborto pos­sano prevalere in Congresso e pre­sentare a Obama una proposta di legge abortista più radicale». Ha quindi invitato i fedeli a mobilitar­si e a contattare i loro rappresen­tanti al Congresso per opporsi «a qualsiasi legge tesa a ampliare il di­ritto all’aborto». Le preoccupazioni riguardano il Foca (Freedom of Choice Act), che se approvato ne­gherebbe ai singoli Stati il diritto di promulgare leggi che limitino la possibilità di abortire. Obama ha più volte detto che se la legge arri­vasse sul suo tavolo vi apporrebbe la firma per la ratifica. Il Foca, ha spiegato il direttore del servizio informazione del Segretariato pro vita della Conferenza episcopale U­sa, Emer McCarthy, «elimina quel­le norme che tutelano la donna da un aborto; chiede a tutti gli Stati di consentire la nascita parziale ed o­gni altro tipo di aborto a gravidan­za avanzata». Inoltre violerebbe – per McCarthy – il diritto all’obie­zione di coscienza di infermieri e medici.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: