martedì 15 dicembre 2015
«L'Italia e gli alleati pronti a fare di più». In vista missione del segretario alla Difesa Carter nell'area.
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La paura del terrorismo negli Stati Uniti ha raggiunto livelli mai visti dal settembre 2001. E le recenti rassicurazioni di Barack Obama che le agenzie d’intelligence «sono vigili» non bastano più. Dopo l’uccisione di 14 persone a San Bernardino per mano di due jihadisti, la fede degli americani nel loro comandante in capo è scossa. È in questo contesto, sommato alle costanti accuse di debolezza contro il Daesh dell’opposizione repubblicana e di alcuni democratici, che si colloca la riunione del presidente Usa con la sua squadra per la sicurezza nazionale al Pentagono. Un raro caso di un vertice sulla sicurezza fuori dalla Casa Bianca, per dimostrare la serietà del presidente nella lotta al terrorismo. Per un capo di Stato che ha finora evitato esplicite dichiarazioni di guerra contro gli estremisti islamici, sono gesti significativi, che indicano la volontà di alzare il tono nella campagna contro il Daesh. Ma ai gesti finora non ha corrisposto un’autentica svolta nell’impegno americano contro il Califfato.Il presidente Usa ha annunciato che il segretario alla Difesa, Ash Carter, si recherà presto nella regione mediorientale per incontrarsi con gli alleati e fare il punto della situazione. Quindi ha informato che i bombardamenti Usa sono aumentati, raggiungendo a novembre il numero massimo di raid aerei dall’inizio della campagna lo scorso anno. «Ogni giorno distruggiamo una parte delle forze del Daesh – ha detto Obama –. Li stiamo colpendo nel modo più forte: i nostri caccia, bombardieri e droni hanno aumentato il ritmo dei raid, 9mila fino ad oggi». Il capo della Casa Bianca ha poi sottolineato come il Daesh abbia perso circa il 40% del territorio iracheno caduto sotto il suo controllo e molti dei suoi leader. «E continueremo a colpire il cuore del gruppo per rendere difficile che porti il suo terrore nel resto del mondo», ha aggiunto Obama. Nuovo in realtà è stato anche un inasprimento della retorica bellica del presidente ai leader del Daesh: «Non possono nascondersi. Il nostro messaggio per loro è chiaro: sarete i prossimi», ha detto. Ma il commander in chief ha ammesso che «i progressi devono essere più rapidi. I jihadisti si nascono dietro ai civili e vanno colpiti con precisione chirurgica». La lotta al Daesh «è difficile – ha riconosciuto –. Gli Stati Uniti fanno la loro parte. L’Italia e gli alleati sono pronti a fare di più». Obama si era rivolto al pubblico una settimana fa dallo Studio Ovale, per rassicurarlo che scongiurare un attacco terroristico era al centro della sua attenzione e che, al contrario di quanto affermano i suoi critici, ha una strategia coerente per contenere la minaccia. E ieri ha sottolineato come l’approccio della sua Amministrazione sia fondato su quattro pilastri: scovare ed eliminare i terroristi, formare ed equipaggiare le forze di opposizione in Siria, contrastare il reclutamento ed usare la diplomazia per porre fine alla guerra civile siriana. Per questo, ha ricordato Obama, oggi il segretario di Stato, John Kerry, sarà a Mosca a parlare di Siria.Resta infatti alta tensione tra Russia e Turchia dopo l’abbattimento di un caccia russo da parte degli F-16 di Ankara. Dopo i colpi di avvertimento sparati domenica nell’Egeo da una nave da guerra di Mosca contro un vascello turco, è emerso un incidente nel Mar Nero che risale al 24 novembre quando un mercantile battente bandiera turca è stato costretto a cambiare rotta da due navi militari russe. E ieri è stato cancellato il summit programmato per oggi a San Pietroburgo tra il presidente russo, Vladimir Putin, e quello turco, Recep Tayyip Erdogan.
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