lunedì 27 marzo 2023
il premier Benyamin Netanyahu, al termine di una giornata caldissima, ha annunciato il rinvio dell'approvazione alla prossima sessiome parlamentare. Ecco i motivi dello scontro
Decine di migliaia di persone alla manifestazione di questo pomeriggio contro la riforma che toglierebbe potere alla Corte Suprema per rafforzare quello dell'esecutivo

Decine di migliaia di persone alla manifestazione di questo pomeriggio contro la riforma che toglierebbe potere alla Corte Suprema per rafforzare quello dell'esecutivo - Reuters

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La grande protesta in Israele ha raggiunto un primo obiettivo: la contestata riforma della Giustizia voluta dall'estrema destra e che ha spaccato il Paese è stata rinviata alla prossima sessione parlamentare. Lo ha dichiarato stasera il premier Benyamin Netanyahu, dopo un giorno passato in silenzio, eccetto un Twitter. Un giorno passato a meditare sulle proteste, sulla contrarietà del presidente Isaac Herzog, sulle posizioni degli alleati, ma anche sulla preoccupazione espressa da un alleato fondamentale: gli Stati Uniti.

Netanyahu ha giustificato la decisione in "nome della responsabilità nazionale", ma ha ribadito che "la riforma va fatta". Dopo aver ricordato l'episodio biblico delle due mamme che rivendicano davanti Re Salomone il figlio e la scelta di una di loro che non vuole fare a pezzi il piccolo, Netanyahu ha detto che "non vuole fare a pezzi il popolo".

"Ho fatto appello al dialogo e ricordo che non ci troviamo di fronte a nemici ma a fratelli. Non ci deve essere guerra civile". Quindi ha attaccato "una minoranza di estremisti pronta a lacerare il Paese, che usa violenza, appicca il fuoco, fomenta la guerra civile e fa appello alla disobbedienza". "Israele - ha sottolineato Netanyahu - non può esistere senza esercito, la disobbedienza è la fine del nostro Stato. Esigo dai capi dell'esercito di opporsi a questa e non mostrare comprensione, va fermata". "C'è la possibilità di prendere tempo. Do l'occasione per un dialogo, vogliamo fare gli aggiustamenti necessari".

Ma al tempo stesso il premier conferma che la riforma si farà.

La giornata​

Con un breve messaggio su Twitter, il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha esortato tutti i manifestanti a Gerusalemme , "di destra e sinistra, a far prova di responsabilità e non agire in maniera violenta". "Siamo tutti fratelli", conclude il tweet, prima reazione pubblica di Netanyahu alle proteste dilagate in tutto il Paese dopo la destituzione del ministro della Difesa Yoav Gallant, reo di aver chiesto il rinvio della controversa riforma della giustizia che il premier, capo del partito Likud, si appresta a varare sostenuto dai partiti ultraortodossi Shas e United Torah Judaism.

In realtà per stamani era atteso un discorso di Netanyahu, ma è stato rimandato a stasera.

Il tweet è arrivato mentre circa 80mila persone manifestavano, alle 14 (le 13 in Italia), contro la riforma davanti alla Knesset (il Parlamento) a Gerusalemme. Su un palco improvvisato si sono alternati i principali leader della opposizione parlamentare, fra cui Yair Lapid, Benny Gantz e Avigdor Lieberman. "Non consentiremo alcun compromesso - hanno sostenuto i leader della protesta - che danneggi l'Indipendenza della Corte Suprema". Il leader dell'opposizione, Yair Lapid, ha descritto il licenziamento di Gallant come "un nuovo minimo" per il governo.

In serata 'Potenza ebraica', il partito di estrema destra di Itamar Ben Gvir, ha dichiarato di essere disponibile a rinviare la riforma fino alla ripresa della Knesset, dopo la Pasqua ebraica, a patto che il governo esamini subito la creazione di una 'Guardia nazionale' sotto la guida dello stesso Ben Gvir. Lo riferiscono i media secondo cui 'Potenza ebraica' ha diffuso una lettera con l'impegno in questo senso firmata dal premier Benyamin Netanyahu al termine dell'incontro con Ben Gvir. "Ho accettato di rimuovere il mio veto - ha scritto - in cambio di questo impegno". Più che una concessione la proposta appare un rilancio e la richiesta di un corpo militare o di polizia ad personam, richia però di accrescere ancora di più la tensione.

La protesta (e la contromanifestazione)​

Due manifestanti hanno fatto irruzione nell'Aula e contestato il ministro dell'Istruzione Kish, prima di essere portati via dagli agenti di sicurezza. Altri manifestanti hanno bloccato l'accesso principale a Gerusalemme, lo svincolo di Chord Bridge. Tre persone sono state arrestate.

Alle 18 è prevista nella stessa area una manifestazione di sostenitori della riforma alla quale hanno aderito il gruppo 'La Familia', il club dei tifosi ultras della squadra di calcio del Betar Gerusalemme, ed elementi della comunità ortodossa di Gerusalemme. "Non intendiamo - dice La Familia - farci rubare il risultato delle elezioni" del primo novembre 2022, che ha assegnato ai partiti di destra 64 dei 120 deputati alla Knesset. In passato tifosi di 'La Familia' sono stati protagonisti di risse negli stadi.

Alla manifestazione delle 18 saranno presenti almeno due ministri: il responsabile della Sicurezza nazionale, Ben Gvir, e Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader di Sionismo religioso. "Non dobbiamo fermare per alcun motivo la riforma. Siamo la maggioranza - ha scritto Smotrich su Twitter -, non dobbiamo arrenderci alla violenza, all'anarchia, agli scioperi selvaggi, alla disobbedienza. Ci troviamo tutti alle 18 alla Knesset. Non consentiremo che ci rubino i nostri voti e il nostro Stato".

Così nel pomeriggio inoltrato, oltre ai manifestanti pacifici come famiglie di ultraortodossi, davanti al Parlamento sono iniziati ad arrivare anche i gruppi di estrema destra favorevoli alla tanto discussa riforma. Ben riconoscibili perché vestiti di nero e col volto coperto. I liberali che avevano partecipato alla grande protesta antigovernativa in contemporanea hanno iniziato a lasciare la piazza per evitare provocazioni e scontri.

E' la maggior crisi costituzionale registrata nel Paese dalla sua fondazione, nel 1948.

Sciopero generale, chiuse anche le ambasciate

Dopo una notte di proteste, con centinaia di migliaia in piazza, Israele è bloccato da uno storico sciopero generale che include lo stop ai decolli nell'aeroporto internazionale di Tel Aviv. Alla protesta si è unita la compagnia El Al. Bloccato anche il porto commerciale di Ashdod, nel sud. Uno sciopero improvviso è stato proclamato negli ospedali. Le università hanno annunciato il blocco a oltranza delle lezioni. Chiusi anche numerosi centri commerciali, a rischio le filiali delle banche. Ultimo giorno di lezione nelle scuole, prima delle vacanze pasquali, ma asili e centri diurni annunciano la serrata. Anche le ambasciate israeliane, compresa quella in Italia, partecipano allo sciopero generale: l'Histadrùt, il maggiore sindacato israeliano, ha dato indicazione di scioperare a tutti i dipendenti governativi, incluse le missioni diplomatiche israeliane nel mondo. La Borsa di Tel Aviv sarà chiusa domani per sciopero. Soltanto i trasporti non si fermano, per consentire ai manifestanti di partecipare alla protesta.

Per stamani il premier, rientrato sabato sera da Londra a conclusione del tour in Europa, aveva annunciato un discorso, facendo pensare a un possibile congelamento dell'iter della riforma, ma gli alleati dell'estrema destra lo avrebbero fermato con la minaccia di far cadere il governo. In particolare la minaccia arriverebbe dal ministro per la Sicurezza nazionale Itamar, Ben Gvir, secondo quanto riferisce Times of IsraeI.

Uno degli slogan della manifestazione contro la riforma della giustizia

Uno degli slogan della manifestazione contro la riforma della giustizia - Reuters

L'iter della riforma va avanti. Gli Usa: "Molto preoccupati"

Intanto torna a riunirsi la Commissione parlamentare incaricata di portare avanti l'iter della riforma, mentre il presidente israeliano Isaac Herzog rinnovato l'appello a fermarsi: "Per il bene dell'unità del popolo di Israele, per il bene della responsabilità, vi invito a fermare immediatamente il processo legislativo", ha scritto su Twitter. ''Mi rivolgo al Primo Ministro, ai membri del governo… Gli occhi di tutto il popolo di Israele sono su di voi. Gli occhi di tutto il popolo ebraico sono su di te. Gli occhi di tutto il mondo sono puntati su di te. Torna in te adesso! Questo non è un momento politico, questo è un momento in cui mostrare leadership e responsabilità".

Gli Stati Uniti hanno espresso "preoccupazione" per quello che sta accadendo in Israele. "Siamo profondamente preoccupati per gli sviluppi in corso in Israele, compreso il potenziale impatto sulla capacità di reazione militare sollevato dal ministro della difesa Yoav Gallant, che sottolinea ulteriormente l'urgente necessità di un compromesso" ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa John Kirby.

Notte di proteste, 700mila in piazza: "Democrazia a rischio"

Migliaia di israeliani, secondo i media 700 mila, sono scesi in piazza in tutto il Paese in manifestazioni spontanee, dopo l'annuncio del licenziamento del ministro della Difesa. In migliaia si sono riversati in Kaplan Street nel centro di Tel Aviv, l'epicentro delle proteste. La riforma - avviata mentre lo stesso premier è sotto processo per corruzione, frode e abuso di potere - mette a repentaglio, secondo i suoi detrattori, il carattere democratico dello Stato di Israele. Netanyahu e i suoi alleati, di estrema destra e ultraortodossi nella coalizione di governo, ritengono necessario ripristinare un maggiore equilibrio di potere considerando politicizzata la Corte Suprema.

Membro dello stesso partito del premier, il Likud, il ministro Gallant aveva avvertito pubblicamente che la riforma rappresenta un "pericolo immediato e tangibile" per la sicurezza dello Stato e chiesto una sospensione del suo iter parlamentare. Il premier ha poi convocato Gallant, dicendogli di non avere più fiducia in lui come ministro della Difesa.

"La sicurezza dello Stato di Israele è sempre stata e sarà sempre la missione della mia vita", si è difeso su Twitter Gallant, che aveva ottenuto il sostegno di altri membri del Likud, ma non dell'estrema destra.

Disordini a Tel Aviv nella notte delle proteste

Disordini a Tel Aviv nella notte delle proteste - Ansa / Afp

Ecco i punti contestati della riforma giudiziaria

Di fatto la riforma porta a un rafforzamento dei poteri dell'esecutivo a scapito di quelli della magistratura. Questi i punti più controversi.

ELEZIONE DEI GIUDICI: Il comitato responsabile di raccomandare la nomina e la destituzione dei giudici attualmente è composto da 9 membri (scelti tra giudici in esercizio, rappresentanti avvocati e membri Knesset e governo). Passerà a 11 membri, con ben 6 in rappresentanza dell'esecutivo (ed è una versione 'ammorbidita' perché la prima versione del testo assegnava al governo 7 componenti). Attualmente il comitato è invece costituito da 9 membri tre giudici in esercizio, rappresentanti del collegio degli avvocati, membri del governo e della Knesset. Del comitato faranno parte anche due eletti dell'opposizione e tre giudici indipendenti, ma per i critici non basta a garantire una composizione equilibrata.

REVISIONE GIUDIZIARIA: il testo mette un freno al potere di revisione delle leggi da parte della Corte Suprema, compresa sulla Legge Fondamentale, un corpus di leggi con rango costituzionale. Secondo la riforma proposta, per invalidare una legge qualsiasi servirà il consenso dell'80% dei giudici della Corte Suprema, mentre attualmente basta soltanto la maggioranza semplice.

CLAUSOLA DI ANNULLAMENTO: si tratta del punto più polemico della riforma, che permette a una maggioranza parlamentare semplice di 61 deputati su 120 di annullare sentenze della Corte Suprema relative a modifiche o annullamenti di leggi. Questa clausola viene considerata dai detrattori della riforma come una chiara violazione della separazione dei poteri e dell'indipendenza della giustizia.

CONSULENTI LEGALI DEI MINISTERI: il testo riclassifica gli incarichi di consulenti legali dei ministeri, che dagli attuali esperti indipendenti supervisionati dal ministero della Giustizia saranno invece avvocati scelti con criteri politici. Per giunta i pareri che emetteranno saranno vincolanti e la loro attuazione sarà obbligatoria. In questo modo i ministri avranno il controllo totale sulla scelta e la nomina di tali esperti, segnando di fatto una politicizzazione di queste figure.

RAGIONEVOLEZZA: la riforma pretende di limitare il raggiungimento del concetto di 'ragionevolezza' con cui i tribunali possono sottoporre di propria iniziativa al controllo giurisdizionale qualsiasi decisione governativa, compresa la nomina di pubblici ufficiali a seconda che ritengano le misure ragionevoli o irragionevoli. In base a questo criterio, lo scorso gennaio fu considerata "irragionevole" la nomina a ministro dell'Interno e della Salute del leader ultraortodosso Aryeh Deri, che soli pochi mesi prima era stato condannato per frode fiscale e aveva evitato il carcere grazie a un accordo di colpevolezza con il quale si era impegnato a lasciare la politica.

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