giovedì 5 ottobre 2023
Dall'aprile 2018, sono stati registrati 667 attacchi contro l'ultima realtà indipendente rimasta nel Paese. La repressione è aumentata esponenzialmente negli ultimi due anni
Dal 2018, la Chiesa in Nicaragua ha sofferto 667 attacchi

Dal 2018, la Chiesa in Nicaragua ha sofferto 667 attacchi - Ansa

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Il punto di svolta è l'aprile 2018. Allora, una raffica inedita di proteste nonviolente di cittadini di tutti i gruppi sociali fece barcollare il regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo. Le chiese aprirono le porte ai manifestanti in fuga dalla brutale repressione delle "turbas", paramilitari armati e pagati dal governo. Immediatamente il presidente - che si definisce cattolico devoto - inserì vescovi, sacerdoti e, ora, perfino la Santa Sede, nella lista dei "nemici". Il giro di vite è arrivato due anni fa: prima Ortega ha chiuso ogni spazio di libertà della società civile, facendo piazza pulita di media indipendenti, organizzazioni civili, antagonisti reali e presunti. Poi sono iniziati gli attacchi alla Chiesa, ultima realtà indipendente rimasta. In cinque anni, la ricercatrice Martha Molina in un nuovo rapporto ha documentato 667 aggressioni, i tre quarti sono avvenuti a partire dalla fine del 2021. Ben 19 sacerdoti - tra cui i vescovi Rolando Alvarez e Silvio Baez - sono stati dichiarati "traditori della patria" e privati della cittadinanza. Al momento, oltre a monsignor Alvarez, condannato a 26 anni per sovversione, sono in carcere otto preti. Altri tre sono sotto inchiesta, tra loro anche il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua.

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