martedì 7 febbraio 2023
Il rapporto di Medici senza frontiere. Il 97,5% ha avuto accesso all'assistenza sanitaria solo grazie a un prestito o alla vendita di una proprietà
Nell’Afghanistan dei taleban il diritto alle cure sta morendo

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Sempre peggio. È lo stato della sanità in Afghanistan. L’accesso alle cure, già provato da decenni di guerre e povertà, è diventato ancor più difficile tra il 2021 e il 2022 con il ritorno dei taleban al potere. La denuncia arriva dall’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere che in rapporto pubblicato ieri descrive un sistema, prigioniero di barriere permanenti, che riesce a «malapena a rimare a galla».

Il dossier, il terzo della serie sull’Afghanistan, è il risultato di un’indagine realizzata tra maggio e agosto 2022 nelle province di Kabul, Kandahar, Khost, Helmand e Herat su circa 200 persone. Non solo pazienti ma anche medici, infermieri e assistenti di stanza negli ambulatori o negli ospedali afghani per conto del ministero della Sanità o della stessa associazione. Operatori in grado di confrontare la situazione odierna con quella di qualche anno fa. I risultati parlano di un «grave peggioramento». «I bisogni sanitari continuano ad aumentare – sintetizza - mentre la situazione sociale, politica ed economica continua a deteriorarsi». La popolazione afghana non è estranea alle miserie causate da 40 anni di conflitti, disastri naturali ed epidemie. Ma i cambiamenti sociali e politici intervenuti nel 2021 con il ritiro degli Stati Uniti le hanno aggravate. L’aumento della disoccupazione, per esempio, ha ridotto le entrate delle famiglie provocando, a catena, casi di grave malnutrizione e infezioni. Il morbillo, è noto, ha ucciso centinaia di bambini afghani. L’indigenza economica e la debolezza fisica, ancora, hanno reso la popolazione più vulnerabile anche al gelo estremo che a fine gennaio ha ucciso almeno 162 persone. Msf segnala che il 97,5% degli intervistati ha avuto accesso all’assistenza sanitaria solo grazie a un prestito o alla vendita di una proprietà. Nel 2021 erano il 20% in meno.

La percezione di una maggiore sicurezza nel Paese ha incoraggiato gli spostamenti verso le strutture sanitarie ma lo stesso viaggio è una spesa che non tutti si possono permettere. Agli ambulatori di Msf sono arrivati pazienti con malattie trascurate diventate emergenza. Le barriere diventano multiple, poi, se riguardano le donne. La malnutrizione le riguarda in modo “sproporzionato” rispetto agli uomini. L’obbligo di spostarsi solo se accompagnate raddoppia inoltre i costi di eventuali viaggi verso cliniche che, va precisato, non è detto siano dotate di laboratori o servizi di emergenza. Anche i medicinali spesso scarseggiano. Un’impiegata dell’ospedale di Herat ha raccontato di aver ricevuto per suo figlio ammalato solo una «mezza compressa». La vulnerabilità dei reparti maternità è aggravata dalla mancanza di personale femminile che la chiusura delle università alle donne imposta dalle autorità rischia di peggiorare. «Le associazioni non possono continuare a essere sostituti de facto della sanità pubblica», conclude il dossier, è il governo che deve trovare «soluzioni a lungo termine». Msf sollecita anche la comunità internazionale ad affrontare “con urgenza” la crisi afghana. Per esempio, facendo chiarezza sulle esenzioni delle attività umanitarie dalle sanzioni.

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