sabato 24 febbraio 2024
L'annuncio su X della portavoce: «Non sappiamo ancora se si potranno celebrare i funerali nel modo chiesto dalla famiglia». Il corpo ancora nell'obitorio di Salekhard
Lyudmila Navalnaya, madre di Alecei Navalny, con il suo avvocato a salekhard

Lyudmila Navalnaya, madre di Alecei Navalny, con il suo avvocato a salekhard - Reuters

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Il corpo di Alexeij Navalny, il nemico numero uno di Putin, morto in una regione ai confini del mondo, può finalmente trovare pace, anche se ancora non si sa come. Le autorità russe hanno riconsegnato la salma ieri a Liudmjla Navalnaya, la madre del dissidente morto in carcere il 16 febbraio scorso, dopo aver cercato di ricattarla e di impedire un funerale pubblico. La donna si era recata a Salekhard, a 2.000 chilometri da Mosca e oltre il Circolo polare artico tre giorni fa per vedere il corpo senza vita del figlio. «La salma di Alexeij Navalny è stata riconsegnata alla madre – ha scritto Kira Yarmish, la portavoce del dissidente su X –. Grazie a tutti quelli che con noi ne hanno chiesto a restituzione». Non si sa però nulla ancora delle esequie.
Il timore del Cremlino è che possano diventare un momento di forte dissenso a poche settimane dal voto e che il luogo di sepoltura possa diventare in breve tempo una sorta di “mausoleo del dissenso”. «La madre di Navalny è ancora a Salekhard – ha continuato Yarmish –: la questione del funerale è ancora aperta. Non sappiamo se le autorità permetteranno di avere quello che la famiglia vuole e che Alexeij merita. Vi aggiorneremo appena ci saranno novità». Appena ieri mattina, la moglie di Navalny, Yulia, era tornata in campo con un video accusando il presidente Vladimir Putin di aver «preso in ostaggio» il corpo del marito. «Nove giorni da quando Putin ha ucciso mio marito – aveva detto la vedova, con la voce rotta dall’emozione e dalla stanchezza–. Ma a quanto pare uccidere non è bastato, ora ha preso in ostaggio la sua salma, umiliando sua madre per costringerla ad accettare una sepoltura segreta».
Il giorno prima, la madre del dissidente aveva apertamente parlato di «ricatto» da parte delle autorità russe, che le avevano dato un ultimatum, scaduto venerdì sera: la restituzione del corpo, in cambio di funerali segreti, senza camera ardente e funzione pubblica. Davanti a un rifiuto, il corpo del dissidente sarebbe stato sotterrato nel cortile della colonia penale di massima sicurezza in cui è morto. Lontano dai suoi affetti, lontano da chiunque, anche in futuro volesse tributargli un omaggio e per di più in un posto inaccessibile se non con permessi speciali.
La vicenda della mancata riconsegna della salma, negli ultimi giorni, ha visto sorgere le prime petizioni pubbliche. La prima è stata quella di 25 intellettuali russi, fra cui il premio Nobel e direttore di Novaya Gazeta, Dmitrij Muratov, che avevano chiesto la restituzione del corpo e commentato dicendo che non era un atteggiamento degno di un Paese cristiano. Si era mossa anche la Chiesa ortodossa, seppure non a livello di alte sfere. Quattrocento preti avevano chiesto venerdì alle autorità di ridare le spoglie mortali del dissidente alla famiglia, in modo che possa «salutarlo e dargli una sepoltura cristiana».
«Questo – si leggeva nella petizione dei sacerdoti della chiesa di Mosca finita sui quotidiani – non è solo il loro desiderio e diritto legale, ma anche il loro dovere verso Dio e verso il defunto. Alexeij Navalny non era solo un politico dell'opposizione, ma anche un uomo di fede, un cristiano ortodosso. Vi esortiamo a rispettare la sua memoria. Non oscurate la tragedia della sua morte rifiutando una richiesta così semplice e umana. Ricordate che davanti a Dio tutti sono uguali».







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