mercoledì 6 marzo 2013
​Lo ha annunciato in un discorso televisivo il vicepresidente Nicolas Manduro. Il presidente aveva 58 anni e da due lottava contro un cancro.
​​​​​​​​​​​​Mito e realtà di un caudillo​ di Giorgio Ferrari
Esercito in strada. Venerdì 8 marzo i funerali
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​«Abbiamo ricevuto la dura e tragica notizia che il comandante presidente Hugo Chavez è morto». Il decesso è stato annunciato in un discorso televisivo dal vicepresidente Nicolas Manduro, spiegando che il leader, da due anni in lotta contro il cancro, stavolta non ce l’ha fatta.Per quattordici anni al potere, silenziando l’opposizione e lottando con un tumore su cui volutamente si è alimentato il mistero, l’ex colonnello dei paracadutisti di Caracas era riuscito a imporre la sua personalità espansiva, carismatica, spesso spigolosa, così come il progetto bolivariano di "socialismo del XXI secolo".Leader politico con caratteristiche da "show man" - cantava, ballava, si scatenava alle percussioni - distribuiva ordini a i suoi ministri perfino in diretta tv, mai lontano da quel pueblo che avrebbe voluto guidare fino al 2031, come talvolta confidava ai suoi. Chavez ha sempre avuto un’ostinata volontà di imporsi, ereditando dal suo amico e mentore Fidel Castro il ruolo di leader dell’America Latina antimperialista, spina nel fianco di Washington.Nei suoi 14 anni al potere, il 58enne leader "bolivariano" ha stravolto la faccia del Paese: per i suoi oppositori era nient’altro che un volgare demagogo; per i suoi sostenitori è stato un rivoluzionario autentico, l’incarnazione del riscatto del pueblo contro le "politiche neoliberali" e "l’imperialismo" Usa. Battagliero e sognatore, nato il 28 luglio 1954 a Sabaneta, nello stato di Barinas, da una famiglia di insegnanti di campagna, entrò presto nell’esercito. Amava il baseball, passione superata solo dalla politica quando a 21 anni rimase affascinato dalla figura di Simon Bolivar, leggendario eroe della liberazione  latinoamericana. Uomo di potere, amico di Cuba, sullo scenario internazionale ha prodigato simpatie alle nazioni anti-Usa (Siria, Bielorussia, soprattutto Iran). Su questo fronte, negli ultimi tempi aveva perso terreno, e non solo per i suoi problemi di salute: a fare ombra al Venezuela c’era un altro modello di socialismo latinoamericano, quello - più moderato e pragmatico - del Brasile.Il misterioso tumore per il quale è stato operato tre volte in meno di un anno, lo ha tenuto lontano dai riflettori. Con i capelli ricresciuti dopo le prime chemioterapie, durante l’ultima campagna elettorale aveva puntato su un’immagine energica e di rinnovata salute. «Giuro che vivrò e vi accompagnerò verso nuove vittorie», aveva promesso. FIno alla corsa, come sempre misteriosa e ben orchestrata, verso la residenza presidenziale a La Orchila, perché al centro medico «non c’era più nulla da fare». La notte del 28 febbraio il leader della rivoluzione bolivariana avrebbe però sofferto una nuova crisi e la carenza di mezzi medici avrebbe spinto lo staff a riportarlo di nuovo all’Avana.Adesso il potere passa ufficialmente a Manduro, che ieri presagendo l’addio del suolider aveva rispolverato i vecchi arnesi della guerra diplomatica, accusando gli Usa di aver ordito il piano mortale contro Chavez, forse sperando di rinserrare le fila di un Paese che rischia di sfuggirgli di mano.​
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