lunedì 7 luglio 2014
​​Aveva 86 anni, fu uno dei collaboratori chiave di Gorbaciov e poi secondo presidente della Georgia indipendente.
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Se n'è andato in silenzio, a 86 anni, Eduard Shevarnadze, ex presidente della Georgia ma soprattutto ex ministro degli Esteri di Gorbaciov, con il quale fu uno dei maggiori protagonisti della fine della guerra fredda. Amato in Occidente, ma non in Georgia e neppure in Russia, dove gli rimproveravano ancora la fine dell'Urss o le simpatie per il Maidan, il volto diplomatico della perestroika e della glasnost sarà sepolto domenica prossima a Tbilisi, accanto all'amatissima moglie, Nanuli, come lui stesso aveva chiesto.Oggi Gorbaciov è stato tra i primi a rendergli omaggio, nonostante la rottura finale: "Eravamo amici, mi rincresce molto che se n'è andato. Era un uomo molto capace, talentuoso, molto aperto per lavorare con la gente, con tutti gli strati della società. Con lui si poteva parlare direttamente, si lavorava bene". Anche Putin si è affrettato, seppur freddamente, a fare le sue "sincere condoglianze alla famiglia e ai parenti, nonchè a tutto il popolo georgiano". E pure Mikhail Saakashvili, che gli subentrò nel 2004 dopo che la rivoluzione delle rose lo spazzò via, ha riconosciuto che Shevarnadze è stato un "uomo di Stato importante" sotto l'Urss ma anche per la Georgia post sovietica. Stava scrivendo un libro di memorie. Aveva più di una vita da raccontare.La prima nel suo Paese, dove nacque nel piccolo villaggio di Mamati per poi far carriera nel partito comunista locale, dal Komsomol a primo segretario del Pcus georgiano, con una parentesi come ministro dell'interno dal 1968 al 1972, nell'era brezhneviana. In quel periodo si distinse nella lotta alla corruzione: è passata agli annali la sua richiesta al primo comitato centrale da lui presieduto di votare con la mano sinistra, per smascherare i lussuosi orologi stranieri dei "compagni" (lui era l'unico a portare il sovietico Slava). Negli anni '70 conobbe Gorbaciov e durante una passeggiata in Abkazia gli confidò che "nel Paese è tutto marcio, bisogna cambiare tutto". Gorby se ne ricordò nel 1985, quando diventò il leader del Pcus e chiamò Shevarnadze come ministro degli Esteri, al posto del navigatissimo Andrei Gromiko, "mister niet", rimasto in carica per 28 anni. "Andrei è un incrociatore, io solo una barca, ma a motore", esordì davanti al corpo diplomatico sovietico. La sua nomina fu uno shock per molte cancellerie occidentali ma non fu ben digerita neppure dall'apparato sovietico. E non solo per il suo inglese maccheronico o per il suo russo stentato.Fu il secondo georgiano, dopo Stalin, a segnare la storia dell'Urss, contribuendo al successo della peretroika all'estero, riaprendo i rapporti con Cina e Israele, negoziando il disarmo nucleare, ritirando le truppe dall'Afghanistan, partecipando attivamente alle trattative per la riunificazione della Germania: quante foto e strette di mano con Reagan, George Bush sr, Kohl, la Thatcher. Al segretario di Stato Usa George Schultz regalò un coltello dicendogli "mi sono disarmato, ora tocca a lei".Il 20 dicembre 1990 lasciò, deluso da quella che definiva l'"arrendevolezza" di Gorbaciov di fronte ai "duri" del partito: "incombe una dittatura, io mi dimetto", lo ammonì con il dito alzato al palazzo dei congressi del Cremlino. Pochi mesi dopo, nell'agosto 1991, esponenti del Pcus e dell'esercito tentarono effettivamente un golpe, e lui affiancò il presidente della Federazione Russa, Boris Ieltsin, nella denuncia del colpo di Stato. Il putsch fallì e a novembre Shevarnadze fu nominato ministro degli esteri per la seconda volta, come Viaceslav Molotov. Ma rimase in carica solo un mese, spazzato via anche lui come Gorbaciov dal crollo dell'Urss.Nel 1992 iniziò la sua terza vita: tornò nella sua tormentata Georgia, subentrando di fatto al deposto presidente nazionalista Zviad Gamsakhurdia e affrontando con la forza il secessionismo sudosseto e abkazo. Eletto presidente nel 1995 e rieletto nel 2000, sfuggì a diversi attentati ma non all'umiliazione del 2003, quando la folla della rivoluzione delle rose, guidata da Saakashvili, lo spinse fuori dal parlamento contestandogli una corruzione dilagante e una democrazia incompiuta.

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