martedì 5 luglio 2022
Brasiliano, 87 anni, arcivescovo emerito di San Paolo, è stato un grande amico del Pontefice che rivelò di aver avuto da lui l’ispirazione per la scelta di chiamarsi Francesco
Il cardinale Hummes nel 2019

Il cardinale Hummes nel 2019 - Ansa

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«Ho voluto scegliere come motto la frase di Gesù Cristo: “Siete tutti fratelli” (Mt 8), pensando anche a san Francesco d’Assisi, che è voluto ritornare al Vangelo e ha voluto che la fraternità fosse una caratteristica dei suoi frati, come la povertà, l’amore caritatevole e la solidarietà con i poveri. Ho seguito questa strada. Ed è su questa strada che intendo continuare il mio apostolato… ».

Il cardinale brasiliano Dom Cláudio Hummes, scomparso ieri a 87 anni parlava così del suo ministero episcopale in un’intervista rilasciatami nel 2002 a bilancio dei primi anni della sua guida pastorale nella metropoli di San Paolo in Brasile. E proprio quel suo francescano “Omnes vos fratres”, come recitava il suo stemma episcopale, ispirò molto tempo dopo anche l’ultima enciclica di papa Francesco.

A riprova di una sintonia intessuta negli anni e di un comune sentire ecclesiale tra l’emerito di San Paolo e papa Francesco che gli volle affidare il Sinodo sull’Amazzonia del 2019, ma espressa già negli scrutini del Conclave 2013 che elesse Pontefice l’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. All’amico argentino, seduto accanto, quando raggiunse il numero dei voti necessari per essere eletto, il cardinale Hummes aveva sussurrato all’orecchio: «Non dimenticarti dei poveri», determinando così la scelta del nome del nuovo successore di Pietro.

Lo aveva rivelato papa Francesco stesso ai giornalisti incontrati il 16 marzo 2013: «Io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi».

Nato l’8 agosto 1934 nello stato brasiliano del Rio Grande del Sud, figlio di emigranti tedeschi, aveva preso il nome religioso di Cláudio entrando nell’Ordine dei frati minori nel 1956. A Roma si era poi laureato in filosofia e specializzato in ecumenismo presso l’Istituto Bossey di Ginevra. Prima di approdare alla guida della metropoli paulista nel 1998, è stato dal 1975 al 1996, vescovo di Santo André, il più grande polo industriale dello Stato di San Paolo. Durante quegli anni ha difeso le lotte degli operai rivestendo anche la carica di assistente nazionale della pastorale operaia.

Nel 1996 è stato nominato arcivescovo di Fortaleza, nel Ceará. Il 15 aprile 1998 Giovanni Paolo II lo nominò arcivescovo di San Paolo, la megalopoli che racchiude in sé tutte le contraddizioni del continente latinoamericano, dove masse di miserabili vivono accanto ad una straordinaria accumulazione di ricchezza e nel febbraio del 2001 lo creò cardinale con il titolo di Sant’Antonio da Padova in Via Merulana. Benedetto XVI lo volle nel 2006 prefetto della Congregazione per il clero. Nel maggio 2007 ha partecipato alla V Conferenza episcopale latinoamericana, nota come Conferenza di Aparecida, il cui relatore del documento finale era il cardinale Bergoglio. Ed è proprio quell’assise in cui riaffiorava la visione della Chiesa e della sua missione espressa nei passaggi centrali della Lumen gentium e della Gaudium et spes, che avrebbe segnato il cammino ecclesiale non solo latinoamericano, dove l’allora arcivescovo Bergoglio gli disse che era rimasto impressionato da come i vescovi brasiliani della regione amazzonica parlavano delle sfide della Chiesa in quel grave contesto, e come questo lo avesse risvegliato su ciò che significava l’Amazzonia.

Nel 2013 a Rio de Janeiro, nel discorso ai vescovi brasiliani, il Papa disse che l’Amazzonia rappresentava un test decisivo per la Chiesa, e il cardinale Hummes venne chiamato a presiedere la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) nel 2019, denunciando con forza il neo-colonialismo feroce e predatorio che invade e distrugge il patrimonio di biodiversità espellendo e massacrando i suoi popoli. «La “Laudato si’” mi ha aperto gli occhi a una visione nuova – confidò nell’intervista rilasciata ad “Avvenire” nel marzo del 2019 – ma questo era scattato già ad Aparecida, anche sulle responsabilità della Chiesa per la cura della casa comune, per la salvaguardia di tutta la creazione a partire dalla fede, da Gesù Cristo, perché la Chiesa ha il dovere di curare l’ambiente, come una madre il suo bambino». Il 29 giugno 2020 era stato eletto presidente della Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia, istituita come strumento per concretizzare le proposte emerse dal Sinodo sull’Amazzonia e divenire "ponte a livello continentale e internazionale". Missione che dom Cláudio, con grande lucidità, ha perseguito fino agli ultimi giorni della sua vita.

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