giovedì 21 settembre 2017
Al momento della scossa erano in Oaxaca, ospiti del rifugio Hermanos en el Camino, in attesa di proseguire per gli Usa. Hanno, invece, rinviato il viaggio per portare aiuto nella metropoli
La “Brigada migrantes", dall'Oaxaca, è arrivata a Ciottà del Messico in soccorso dei terremotati

La “Brigada migrantes", dall'Oaxaca, è arrivata a Ciottà del Messico in soccorso dei terremotati

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Hanno macinato i 700 chilometri che dividono Ixtepec, nell’Oaxaca, da Città del Messico in una notte. Di solito ci impiegano almeno una settimana. Stavolta, però, i centroamericani non hanno viaggiato sul dorso della Bestia, il treno merci sul cui tetto i migranti senza documenti attraversano il Paese per raggiungere il confine con gli Usa. Il centinaio di irregolari ha sfidato i controlli degli agenti e raggiunto in bus la capitale, ferita dal terremoto di martedì che ha ucciso almeno 250 persone. «Non c’era tempo da perdere», afferma Wilson, uno degli esponenti dell’autonominata “Brigada migrantes". L’organizzazione è nata su due piedi, dopo il sisma di 8,2 gradi Richter che, tra il 7 e l’8 settembre, ha fatto tremare l’Oaxaca. Quella notte, un gruppo di un centinaio di “indocumentados” si trovava ospite del rifugio Hermanos en el Camino di Ixtepec. La struttura, fondata dal sacerdote Alejandro Solalinde, da oltre dieci anni, dà un piatto caldo, un letto e, soprattutto, protezione dai narcos ai centroamericani in transito. «Stavamo dormendo quando abbiamo sentito la scossa – prosegue Wilson –. Non ci abbiamo nemmeno pensato. Quando abbiamo capito che nell’Albergue stavano tutti bene, abbiamo preso pale e picconi e siamo andati in paese per vedere se c’erano feriti da aiutare».

Una lezione di solidarietà

I migranti non si sono fermati a Ixtepec: rinviato il viaggio verso l’El Dorado statunitense, hanno scavato tra le macerie di Juchitán, Ixtaltepec, Unión Hidalgo. Stavano giusto passando alla fase due – la ricostruzione –, quando un nuovo terremoto ha sferzato Città del Messico. Immediatamente, la neonata “Brigata migrantes” s’è messa in moto. Da due giorni, lavora senza sosta nella capitale per assistere i sopravvissuti, aggirando gli agenti migratori, pronti a fermarli e rispedirli in patria, in quanto irregolari. «È una grande lezione di solidarietà per i messicani. I centroamericani sono duramente perseguiti dalla polizia che, spesso, estorce loro denaro, li picchia o addirittura li consegna ai trafficanti. Eppure queste persone non hanno esitato a improvvisarsi soccorritori – sottolinea padre Solalinde –. La gente fa bene a definirli gli eroi del terremoto».

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