venerdì 12 febbraio 2016
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Una furiosa battaglia tra due gruppi rivali del narcotraffico ha causato una delle peggiori tragedie mai avvenute in un carcere messicano. Protagonisti delle violenze avvenute l’altra notte all’interno del penitenziario di Topo Chico a Monterrey, stato settentrionale messicano del Nuevo León, non lontano dal confine con gli Stati Uniti, sono stati i famigerati Los Zetas e i rivali del Cartello del Golfo. Drammatico il bilancio degli scontri: almeno 52 i morti (non si sa esattamente quanti tra i prigionieri), mentre in 12 sono rimasti feriti, 5 dei quali in condizioni molto gravi. «Siamo di fronte a una tragedia», ha ammesso il governatore Jaime Rodriguez. Gli incidenti all’interno della struttura di fatto controllata dai Los Zetas sono scoppiati intorno alla mezzanotte tra mercoledì e ieri. Poco prima uno dei boss del Cartello del Golfo, Jorge Iván Hernández Cantú, alias “El Credo”, aveva infatti tentato di evadere dalla prigione, ma durante la fuga era stato intercettato da un capo rivale, Juan Pedro Saldívar Farías, “El Z-27”. L’aggressione ha scatenato subito una lotta feroce tra le due bande, una vera e propria mattanza a colpi di coltello. Secondo fonti locali le guardie sarebbero a lungo rimaste a guardare, non intervenendo e attendendo invece l’arrivo e l’ingresso nella struttura degli uomini dell’esercito, della polizia federale e della Marina, il corpo meno infiltrato da parte dei cartelli del narcotraffico. «Durante gli scontri molti prigionieri hanno dato alle fiamme i depositi alimentari e i dormitori», ha precisato il governatore Rodriguez. Tra le poche notizie diffuse dalle autorità locali, oltre al numero delle vittime, c’è che nessun prigioniero sarebbe riuscito ad evadere durante i disordini. La rivolta è proseguita almeno fino all’una e mezza di notte. Non si sa peraltro quante tra le 52 vittime fossero già morte prima dell’arrivo delle forze di sicurezza, né se queste ultime abbiano aperto il fuoco per sedare le violenze. La situazione è rimasta tesa ieri per tutta la giornata all’esterno del penitenziario, dove si sono radunati diversi familiari dei detenuti. Alcuni parenti hanno lanciato pietre contro un cancello di ingresso mentre altri urlavano attraverso le recinzioni nella speranza di avere notizie sulla sorte dei loro cari. Il governo dello stato di Nuevo León si è limitato ad esprimere solidarietà «per l’angoscia vissuta dai parenti dei detenuti» e ha ribadito che «le autorità continuano a raccogliere informazioni sulle vittime». «Resteremo qui finché non ci sarà data una risposta. Vogliamo sapere come stanno i nostri cari perché ci stanno dicendo che ci sono oltre cinquanta morti e nessuna autorità ci dà una risposta», ha dichiarato Ernestina Grimaldo, madre di un detenuto. Nel frattempo le autorità carcerarie hanno già predisposto lo spostamento di un centinaio di reclusi in altri centri di detenzione del Paese. I Los Zetas e il Cartello del Golfo si contendono da tempo il controllo del Nuevo León, mentre le autorità statali non riescono a tenere sotto controllo le carceri. L’amministrazione del presidente Enrique Peña Nieto ha promesso di riformare il sistema penitenziario dopo la spettacolare evasione del “Chapo” Guzman dello scorso anno. Le prigioni messicane sono notoriamente sovraffollate e negli ultimi anni sono già scoppiate diverse rivolte. Nel febbraio del 2012 nel corso di una rivolta in una prigione di Apodaca, sempre nello Stato di Nuevo León, morirono 44 carcerati. E nel 2013 la Commissione nazionale per i diritti umani ha pubblicato un rapporto sulle 101 prigioni più affollate del Paese sottolineando che ben 65 erano gestire dai carcerati e non dalle autorità. Per stasera in Messico è previsto l’arrivo di Papa Francesco, che tra l’altro visiterà un’altra prigione nel nord del Paese, a Ciudad Juarez, mercoledì prossimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN LACRIME. I parenti dei prigionieri all’esterno del carcere (Efe)
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