martedì 10 novembre 2009
In centomila alla Porta di Brandeburgo con i leader mondiali. Assente Obama che ha mandato un videomessaggio. Una barriera variopinta di mille tessere giganti è stata fatta cadere con effetto domino per rievocare la notte del 1989.
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Davanti alla Porta di Brandeburgo, in un tri­pudio di luci colorate e di musiche mae­stose, il Muro ieri sera è crollato una se­conda volta. Non il tetro blocco di cemento che separava un tempo le due Germanie ma una barriera variopin­ta di mille tessere in formato gigante, allineate lun­go lo stesso tracciato. Cadono con effetto domino sotto il colpo ben assestato da Lech Walesa, il pri­mo ad abbattere il simbolico Muro che va dal Rei­chstag a Potsdamer Platz, nel cuore di Berlino. Al­l’estremità opposta della barriera di polistirolo il gesto viene ripetuto dal presidente della Commis­sione europea, Manuel Barroso. È il momento cul­minante delle celebrazioni per ricordare la notte magica del 9 novembre di vent’anni fa che innescò cambiamenti a cate­na nei regimi comu­nisti. È l’allegoria per­fetta di un lungo cam­mino, da Solidarnosc alla nuova Unione europea. E’ la «Festa della libertà» che la Germania riunificata celebra nel segno del­la più vasta unità del continente, alla pre­senza di decine di capi di Stato e di governo prove­nienti da tutto il mondo. Ci sono i leader di tutti i Paesi della Ue, per l’Italia c’è il presidente del Consiglio Berlusconi. Ci sono l’ex presidente sovietico Gorbaciov ed il presiden­te russo Medvedev. Non c’è Obama (che ha invia­to qui il Segretario di Stato Hillary Clinton) ma il presidente americano si è fatto vivo sui maxischer­mi con un videomessaggio. Il grande assente è l’ar­tefice della riunificazione Helmut Kohl, molto ma­lato. Niente parate militari, niente sfoggio di po­tenza. È un’autentica festa di popolo. Sono arriva­ti in centinaia di migliaia da tutta la Germania e a­desso sono qui, incuranti della pioggia battente, per ricordare «l’evento più gioioso della nostra sto­ria», dice Angela Merkel, la “cancelliera” venuta dal- l’Est che ha ricordato: «Quello fu il giorno più feli­ce della mia vita». E non ha voluto dimenticare l’al­tro 9 novembre,quello del 1938, divenuto triste­mente famoso come la notte dei Cristalli (violenti attacchi contro gli ebrei). Parlano i rappresentanti delle vecchie potenze vin­citrici della guerra. «Siamo tutti berlinesi» dice Sarkozy in tedesco. «We are one», siamo una cosa sola, è il canto finale che s’eleva sotto un cielo sol­cato dai fuochi d’artificio, tra gli applausi della fol­la. Il giorno più lungo di questi vent’anni di Germa­nia riunificata era iniziato con un gesto religioso di ringraziamento. Ieri mattina, nella chiesa del Get­semani dove nelle settimane precedenti la caduta del Muro si riuniva l’opposizione democratica gui­data dai pastori evangelici, si è tenuta una solenne preghiera ecumenica. Alla cerimonia, seguita da moltissimi fedeli che hanno riempito le navate del­l’antica chiesa gotica, hanno assistito tra gli altri la Merkel e il presidente della Germania federale Koh­ler. Anche il Papa è vicino alla «sua» Germania in questa storica giornata. La commemorazione del­la caduta del Muro, ha dichiarato ieri il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, «è vissuta con intensità da Benedetto XVI» che avrà occasione di ricordare «questo evento fondamentale nella sto­ria del suo Paese» ricevendo il prossimo 5 dicem­bre il presidente della Repubblica federale tedesca. La rievocazione più simbolica e commovente è quella che si è tenuta ieri pomeriggio. La scena è semplice e suggestiva: Angela Merkel attraversa l’ex passaggio di frontiera della Bornholmer Strasse, il primo varco aperto nel Muro, insieme con Walesa, Gorbaciov ed alcuni ex dissidenti della Ddr. Proprio qui, sullo storico ponte di Boesebruecke sormon­tato da arcate di ferro, la ragazza dell’Est che sa­rebbe diventata Cancelliere della Germania unita entrò a Berlino Ovest. Oggi ripete il percorso con una passeggiata trionfale, quasi nascosta sotto un tappeto d’ombrelli, tra due ali di folla visibilmente felice ed emozionata che le si stringe attorno con affetto. Qualcuno grida «Wir sind das Volk!», (Noi siamo il popolo!), lo slogan che risuonava sulle piaz­ze della Ddr vent’anni fa e mise in moto una rivo­luzione pacifica e vincente, la prima in assoluto di tutta la storia tedesca. «In questo luogo si è realiz­zato un sogno che non sarebbe stato possibile sen­za il coraggio del popolo della Ddr» dice Angela Merkel che ringrazia tutti ma soprattutto Walesa e Gorbaciov, ricordando l’impulso decisivo venuto dalla Polonia di Solidarnosc ed il ruolo giocato dal­la perestrojka. Ruolo che Walesa non riconosce. E si dice anzi «rattristato» perché oggi «vengono con­siderati eroi coloro che non lo sono stati», afferma riferendosi a Gorbaciov. «Oggi è un giorno di festa non solo per la Germa­nia ma per tutta l’Europa» ci tiene a sottolineare la Merkel. In ogni caso «il processo di riunificazione della Germania è ancora incompleto e c’è ancora della strada da fare per cancellare le differenze tra l’Est e l’Ovest», è il monito lanciato dalla signora cancelliere in un’intervista alla Ard , la prima rete pubblica della tv tedesca. Nell’ex Ddr «sono sorti molti paesaggi fioriti», riconosce la Merkel citando la famosa frase di Kohl, ma «all’Est la disoccupa­zione è il doppio di quella dell’Ovest». E quindi, conclude, «è necessario mantenere il contributo di solidarietà del 5 %», prelevato dalla busta paga dei tedeschi occidentali. La Germania è in festa ma non senza qualche sacrificio.
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