mercoledì 28 febbraio 2024
Sul tavolo la proposta di un governo tecnico. Il Cairo spinge per l'annuncio della tregua ma Israele e Hamas negano ci sia l'accordo
La distruzione dopo i raid israeliani nella Striscia di Gaza

La distruzione dopo i raid israeliani nella Striscia di Gaza - ANSA

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Sotto l’ombrello di Mosca, le fazioni palestinesi provano a compattarsi in vista della formazione di un governo tecnico per il dopoguerra a Gaza. C’è Hamas, da oggi a sabato nella capitale russa. E c’è la Jihad islamica. C’è Fatah, che guida l’Autorità nazionale palestinese (Anp), e ci sono una decina di gruppi minori. Per l’Occidente quello di Mosca è, almeno in parte, un raduno di formazioni terroristiche, con il viceministro degli Esteri, l’inviato del Cremlino per il Medio Oriente e l’Africa Mikhail Bogdanov, a fare gli onori di casa. L’incontro avviene all’indomani delle dimissioni, accettate dal presidente dell’Anp Abu Mazen, del governo di Mohammed Shtayyeh a seguito delle pressioni americane.
Il ministro degli Esteri dell’Anp, Riyad al-Malki, ammette di non aspettarsi «miracoli». «Speriamo – ha detto – che si possano ottenere buoni risultati in termini di comprensione reciproca sulla necessità di sostenere un governo tecnocratico che emergerà». Aggiungendo che il raduno di Mosca «dovrebbe essere presto seguito da altri incontri nella regione».
Ospitando i colloqui intra-palestinesi, analizza il portale Arab News, il regime di Vladimir Putin si pone come protettore della causa palestinese in concorrenza con i Paesi arabi e islamici, ammonendo al contempo lo Stato ebraico a non intromettersi nella crisi in atto fra Russia e Nato per la guerra in Ucraina. Già a fine ottobre esponenti di Hamas erano andati a Mosca e a inizio novembre avevano rilasciato tre ostaggi con doppia cittadinanza israelo-russa. Nel mondo arabo, non tutti i Paesi hanno verso Hamas la stessa disponibilità del Qatar. Gli Emirati Arabi Uniti gli si oppongono con fermezza per la sua vicinanza ai Fratelli Musulmani.
Riflettori puntati sulla Cisgiordania anche da parte di Israele, ma per motivi diversi. Il ministro delle Finanze, l’ultrà messianico Bezalel Smotrich, ha annunciato l’approvazione di un nuovo insediamento chiamato Mishmar Yehuda nell’area di colonizzazione ebraica del Gush Etzion, vicino a Betlemme. Di pochi giorni fa un altro progetto per 3.300 abitazioni di coloni in Cisgiordania.
Su Gaza restano puntati i carri armati. Le Forze di sicurezza affermano di aver centrato otto obiettivi da cui venivano lanciati razzi verso Ashkelon. Colpiti anche tunnel e altre infrastrutture. Il bilancio sfiora le 30mila vittime, con 70mila feriti. Sono 242 i soldati caduti.

Vladimir Putin nella Piazza Rossa a Mosca

Vladimir Putin nella Piazza Rossa a Mosca - ANSA

L’Unicef denuncia «grave insicurezza alimentare» per un milione di minori. Resta alta la tensione a Rafah, gremita di un milione e mezzo di sfollati, dopo l’uccisione di un poliziotto negli incidenti scoppiati in un mercato dove si rivendevano gli aiuti a prezzi maggiorati. Un corteo di protesta è sfilato fino a piazza a-Nejma dove sono stati incendiati pneumatici. Dal 3 al 6 marzo sarà al valico egiziano di Rafah una delegazione italiana formata da operatori umanitari, 16 parlamentari e accademici.
Mentre al Cairo tutto è pronto per l’annuncio di una tregua, ventilato per domenica prossima, Israele e Hamas negano che l’accordo sia concluso. E, pur dicendosi interessati a negoziare, si dicono pronti a proseguire la guerra. Lo schema negoziale resta quello di 40 giorni di pausa con lo scambio di 40 ostaggi per 400 detenuti. Resterebbero da definire i dettagli.
In un discorso televisivo a Beirut in cui ha concesso «flessibilità nei colloqui», il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh ha esortato l’Asse della resistenza (Hezbollah, Jihad, Iran) a intensificare gli attacchi a Israele. E in vista dell’inizio del Ramadan il 10 marzo – considerato data limite per l’entrata in vigore della tregua – ha chiamato i palestinesi di Gerusalemme e Cisgiordania a marciare verso la Spianata delle Moschee.
In direzione di Gerusalemme marciano anche i familiari dei 134 ostaggi ancora nella Striscia, per protestare contro il governo di Benjamin Netanyahu. Partiti dal kubbutz di Reim, tra quelli colpiti nel massacro del 7 ottobre, toccheranno Sderot e altri luoghi attaccati da Hamas. Contano di arrivare a Gerusalemme sabato. In tempo per festeggiare, si spera, l’annuncio di un cessate il fuoco.

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