martedì 15 dicembre 2015
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Se mai fosse possibile, la situazione in Iraq e Siria si è complicata ancora di più con l’annuncio da parte dell’Arabia Saudita della creazione di una nuova Coalizione di 34 Paesi contro il Daesh. Quasi la metà di questi sono arabi e tra loro c’è anche il Pakistan, potenza nucleare. Un elemento che va a rendere terribilmente pericoloso uno scenario nel quale si troveranno ad operare militarmente in contemporanea una Coalizione a guida russa - che comprende anche le forze lealiste di Bashar el-Assad e l’Iran -, una Coalizione a guida statunitense che unisce Paesi europei (tra i quali l’Italia) a Turchia e Giordania. E una terza alleanza saudita.Ma il problema è proprio qui, nella composizione di questa nuova forza “anti-Daesh”: perché Turchia, Giordania, Emirati Arabi e Qatar (con l’aggiunta dell’Egitto del generale Sisi) andranno a fare parte anche del nuovo gruppo di 34 che fa capo al sovrano di Riad. Un “piede in due scarpe” (soprattutto per Turchia e Giordania) che difficilmente potrà continuare, portando a scelte che invece di unire divideranno ulteriormente le tre coalizioni. Che non va dimenticato possiedono tutte l’arma finale: la bomba atomica. Ossia: Russia, Usa e Pakistan che si è alleato ai sauditi. C’è poi l’elemento legante dell'islam sunnita che si contrappone agli sciiti iraniani legati ai russi dalla comune “fedeltà” ad Assad. E il terzo fronte di un’alleanza sempre più laico-cristiana che fa capo a Washington.Una situazione ingarbugliata quindi ancor di più dall’annuncio di Riad, che arriva proprio a poche ore dall’inizio dei colloqui di pace a Ginevra sullo Yemen (dove l’Arabia Saudita bombarda e guida un’alleanza contro gli sciiti Houthi che hanno preso il potere a Sanaa) e mentre è in corso la visita a Mosca del segretario di Stato Usa, John Kerry, per “sancire” un ulteriore passo di avvicinamento tra Putin e Obama dopo gli scontri dei mesi scorsi.Tanti elementi che se da un lato potrebbero portare all’intervento di terra saudita, già paventato a più riprese dai governanti di Riad davanti all’"immobilismo” occidentale, dall’altro portano alla luce una tristissima verità: che la lotta al Daesh possa diventare più un pretesto (per ridisegnare gli equilibri geopolitici mediorientali) che un fine.
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