venerdì 28 gennaio 2011
Dal Consiglio d’Europa sì alla risoluzione: «Cessino le violenze». Ma la Turchia si sfila. Il documento, redatto dal presidente del gruppo Ppe-Cd. Volontè, condanna i massacri in Iraq e ad Alessandria d’Egitto.
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L’assemblea del Consiglio d’Europa si schiera a grandissima maggioranza nel condannare le violenze contro i cristiani in Medio Oriente e nell’auspicare precise iniziative in loro difesa: chiede ai governi europei un elenco di misure contro i Paesi che «deliberatamente non tutelano la libertà di religione, compresa la libertà di cambiare la propria»; li invita a istituire un «organismo permanente di vigilanza» e a varare «d’urgenza» una vera «strategia» di difesa di questo elemento essenziale dei diritti dell’uomo; li incita a tenere conto del problema con una «clausola di democrazia» quando negoziano o gestiscono accordi di cooperazione. Nell’assemblea formata dai parlamentari dei 47 Paesi del Consiglio – l’organismo paneuropeo per i diritti umani – la risoluzione redatta e presentata dal presidente del gruppo Ppe-Cd Luca Volontè (Udc) è stata approvata con 125 «sì», nove «no» e 13 astensioni. «È un risultato di grande soddisfazione per il Ppe-Cd – ha commentato Volontè citando in particolare la solerzia dei colleghi italiani e francesi – ed è un segno di impegni chiari dopo la recente posizione dell’Europarlamento, forse meno dettagliata della nostra». Di tutta evidenza la risoluzione approvata ieri potrà influire sulla posizione che i ministri degli Esteri dell’Ue (tutti i Ventisette sono membri del Consiglio d’Europa) prenderanno lunedì sulla questione. La risoluzione infatti invita i governi a tener ben presente che «se non vengono adeguatamente affrontati i problemi della bassa natalità e dell’emigrazione, aggravati in alcune zone dalla discriminazione e dalle persecuzioni, le comunità cristiane rischiano di sparire dal Medio Oriente, regione nella quale ha avuto origine il cristianesimo». D’altro canto, si legge testo, «la scomparsa delle comunità cristiane dal Levante metterebbe in pericolo anche l’islam perché sarebbe un segnale di vittoria del fondamentalismo». Nel ricordare che il 75% delle violenze anti-religiose sono patite dai cristiani, il documento cita i massacri di fedeli nella cattedrale cattolica siriana di Baghdad e in una chiesa copta di Alessandria d’Egitto come «eventi particolarmente tragici» in una catena di «attacchi contro le comunità cristiane che si stanno moltiplicando in tutto il mondo». Tra i primi a commentare il voto, il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione ha detto che «cominciamo a passare dalle parole ai fatti» e ha constatato che, grazie al Ppe, l’Europa riconosce la «centralità di questo problema impegnando i Paesi membri ad agire concretamente». Dichiarandosi esponenti «di una folta corrente cattolica» nella sinistra, i parlamentari del Pd, Andrea Rigoni e Paolo Giarretta, hanno sottolineato insieme che «la difesa della cristianità deve partire da casa nostra e la Chiesa va difesa non solo nelle assemblee istituzionali ma soprattutto in seno alla società civile» perché «la cristianità sia più forte e soprattutto più libera, come tutti, uomini e donne, dovrebbero essere dovunque nel mondo».Per le senatrici Idv, Patrizia Bugnano e Giuliana Carlino, l’importanza del testo «sta nel riaffermare che lo sviluppo dei diritti umani, della democrazia e delle libertà civili deve essere la base comune per tutte le relazioni internazionali». Al momento del voto l’unica delegazione nazionale a non approvare la risoluzione è stata quella turca, con sette no e quattro astensioni. Hanno votato no anche l’azero Fazil Mustafa (musulmano del gruppo liberale) e lo svizzero Andreas Gross, socialista. Si sono astenuti anche tre azeri, e singoli parlamentari di Russia, Svizzera, Olanda, Belgio, Danimarca e Islanda.La delegazione turca ha votato contro dopo aver tentato inutilmente di far eliminare un paragrafo che invita Ankara a «chiarire appieno le circostanze» dell’interruzione di Messe di Natale nel Nord di Cipro e di far processare i responsabili. «Chi mi conosce sa quanto io apprezzi gli sforzi che si stanno facendo in Turchia – ha commentato Volontè – e mi dispiace che i colleghi turchi abbiano votato in questo modo: quel paragrafo non era un attacco ma piuttosto un incoraggiamento da cogliere in positivo ma purtroppo così non è stato».
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