lunedì 6 marzo 2023
«La difesa sta tenendo», anche se in condizioni di «inferno assoluto». Le parole di Volodymyr Nazarenko, comandante ucraino a Bakhmut, riassumono il dilemma per le prossime ore.
La devastazione a Bakhmut, enclave strategico del Donbass

La devastazione a Bakhmut, enclave strategico del Donbass

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«La difesa sta tenendo», anche se in condizioni di «inferno assoluto». Le parole di Volodymyr Nazarenko, comandante ucraino a Bakhmut, riassumono il dilemma di Kiev: ostacolare al prezzo di centinaia di vite l’accerchiamento della città del Donbass o ritirarsi per contrattaccare altrove? Quel che resta del centro urbano può segnare una svolta nel conflitto, facendo litigare sia i vertici ucraini che quelli russi. Dai campi di battaglia arrivano notizie di crimini orribili. In un video choc, diffuso dai media di Kiev, un gruppo di soldati russi spara a sangue freddo a un prigioniero ucraino disarmato. L’uomo viene lasciato fumare un’ultima sigaretta, poi viene accerchiato e ucciso dai mitra. L’ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aver discusso di Bakhmut con il suo capo di Stato Maggiore e con il comandante delle forze di terra che si sono espressi «a favore del continuare l’operazione difensiva». Rassicurazioni fatte circolare per mettere a tacere le voci circa le divergenze tra il presidente e il comandante in capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny. Quest’ultimo, secondo fonti citate dalla tedesca Bild, aveva suggerito la possibilità di lasciare Bakhmut per ragioni tattiche e riorganizzare gli attacchi lungo altre direttrici, ma per Zelensky tenere la città sarebbe vitale per impartire l’ennesima sconfitta a Mosca, a secco di conquiste importanti oramai dall’autunno scorso. Presagendo la caduta della città del Donbass e volendo forse sostenere le posizioni del generale Zaluzhny, l’Amministrazione Usa minimizza gli effetti di un’eventuale vittoria russa, «che non darebbe necessariamente a Mosca un vantaggio nella guerra».

A detta degli strateghi americani si tratterebbe di una “bandierina” e niente di più. Ma la sua caduta rischierebbe di aprire un varco per riconquistare a catena chilometri e chilometri di Donbass. Per questo, Kiev ha dichiarato che le sue truppe hanno ingaggiato una lotta «infernale» per Bakhmut. Le sue truppe hanno rafforzato le posizioni a ovest di Bakhmut, apparentemente preparandosi all’ipotesi di una ritirata. Ma potrebbe trattarsi di una trappola, come quella tesa ai russi quando sono stati scacciati da Kherson. Niente è dato per scontato. La presa di Bakhmut è in mano agli «omini verdi» della compagnia Wagner, che è tornata a polemizzare con lo stato maggiore del Cremlino, accusato di non fornire armi a sufficienza. Uno dei più stretti collaboratori di Yevgeny Prigozhin, a capo della compagnia militare russa, è stato respinto mentre tentava di mettere piede nel quartiere generale delle operazioni. Prigozhin non l’ha presa bene, usando parole che segnano un passo in avanti nella faida tra mercenari di Putin ed esercito di Mosca. Wagner, che ha inviato decine di migliaia di galeotti reclutati dalle carceri russe e dati in pasto alle forze di Kiev per affaticare le forze di difesa, dopo un periodo di relativo silenzio chiesto ha fatto sapere di aver scritto una lettera al comandante della campagna russa in Ucraina «in merito al fatto che il suo comportamento non è stato corretto». Secondo Prigozhin la scorsa settimana i suoi uomini avevano praticamente circondato Bakhmut, ma i deficit di forniture dallo stato maggiore hanno impedito di chiudere l’accerchiamento. Se le forze ucraine dovessero sfondare le linee russe e i Wagner fossero costretti a ritirarsi «l’intero fronte collasserà», ha avvertito Prigozhin.

Il ministro della Difesa russo Sergeij Shoigu, che ha mantenuto un basso profilo per la maggior parte della guerra, ha respinto le accuse, confermando di fatto una spaccatura senza precedenti tra gli uomini più vicini a Putin. Dopo aver perso terreno per tutta la seconda metà del 2022, la Russia ha lanciato un’offensiva invernale di intensa guerra di trincea, con centinaia di migliaia di riservisti richiamati alla fine dell’anno scorso. Ma ad esclusione di Bakhmut, le ondate di attacchi non hanno prodotto alcun guadagno degno di nota. Per parte sua Kiev si è concentrata sulla difesa, cercando di infliggere perdite elevate e preparandosi per una nuova controffensiva quando arriveranno nuove armi e il fango si sarà seccato. Lo scenario che Mosca teme di più e che spera di scongiurare minacciando l’uso di nuove supenbombe.

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