lunedì 24 febbraio 2014
​L'India rinuncia a usare la legge contro la pirateria. Per Palazzo Chigi «la decisione di oggi è frutto della fermezza dell'Italia». Il presidente del Parlamento Ue: «Sia rispettato il diritto internazionale».
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Il procuratore generale indiano ha presentato l'opinione del governo favorevole ad abbandonare il Sua act per la repressione della pirateria, ma ha chiesto che i capi di accusa vengano formulati dalla polizia Nia. La difesa si è opposta a quest'ultima ipotesi e il giudice ha fissato una nuova udienza tra due settimane. La difesa, in particolare, ha obiettato al documento del ministero della Giustizia di Delhi che "è impossibile utilizzare la Nia in assenza del Sua Act".Il procuratore G.E. Vahanvati ha dichiarato oggi all'uscita dell'udienza sui marò in Corte Suprema che "spiegheremo perché la Nia (la polizia antiterrorismo) può operare anche in assenza del Sua Act" (la legge contro la pirateria).Per Palazzo Chigi «la decisione di oggi è frutto della fermezza dell'Italia».Il caso marò è stato evocato dalpresidente del Parlamento Ue in apertura delle plenaria. Martin Schulz, che «condivide le preoccupazioni dell'Italia sulla lunghezza e i ritardi del caso», ha lanciato «un appello all'India perché rispetti pienamente e prontamente il diritto internazionale, specie la Convenzione sul diritto del mare».
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