mercoledì 30 agosto 2023
Torna in carcere per il velo una giornalista, iniziato il processo al legale che difese la famiglia della giovane morta in detenzione. Manette anche a un cantante “simbolo”
Una manifestazioone a Parigi per l'iraniana Mahsa Amini uccisa il 16 settembre dello scorso anno in una caserma della polizia dopo l'arresto perché non indossava regolarmente il velo islamico

Una manifestazioone a Parigi per l'iraniana Mahsa Amini uccisa il 16 settembre dello scorso anno in una caserma della polizia dopo l'arresto perché non indossava regolarmente il velo islamico - Ansa

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Più si avvicina il primo anniversario della morte di Mahsa Amini, il 16 settembre, più il regime degli ayatollah usa l’unico sistema di soluzione dei problemi che conosce: la repressione. Una giornalista iraniana che era tornata a piede libero giorni fa dietro pagamento di cauzione è stata nuovamente arrestata oggi per non avere indossato il velo in pubblico. Lo riferisce l'agenzia Tasnim. Nazila Maroufian è accusata dell'infrazione alle norme che regolano l'abbigliamento femminile e di avere pubblicato le sue foto senza velo sulle piattaforme sociali. Maroufian era finita in carcere a più riprese dopo avere intervistato a ottobre 2022 Amjad Amini, padre di Mahsa, la ragazza che morì in circostanze dubbie mentre era trattenuta dalla polizia dei costumi per non avere rispettato le regole di abbigliamento in vigore nella repubblica islamica, un evento da cui scaturirono proteste di piazza vaste e violente.

Maroufian fu arrestata la prima volta a novembre e dopo il rilascio, nel gennaio di quest'anno, aveva riferito di essere stata condannata a due anni di prigione con sospensione della pena per propaganda contro il sistema e diffusione di fake news. Il 13 agosto scorso era tornata libera ma la pubblicazione della foto senza velo ha portato al nuovo arresto. Maroufian, che vive a Teheran, è originaria di Saqez, città natale di Mahsa nella provincia occidentale del Kurdistan.

Intanto sul fronte della repressione le autorità accelerano ulteriormente. Si è tenuta ieri la prima udienza del processo di Mohammad Saleh-Nikbakht, l'avvocato di Mahsa Amini, morta il 16 settembre 2022 dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché indossava il velo in modo improprio. A riferirlo è stato Ali Rezai, il legale che assiste il collega imputato. La morte di Mahsa Amini provocò un'ondata di proteste antigovernative che continuarono per mesi a partire dalla fine del settembre 2022. L'avvocato della famiglia di Mahsa era stato convocato dal tribunale rivoluzionario di Teheran in marzo e successivamente rilasciato su cauzione. Era stato accusato di "propaganda contro il sistema" in seguito a una denuncia da parte del ministero dell'Intelligence a causa di interviste che l'avvocato aveva concesso alla stampa iraniana e anche a giornalisti internazionali riguardo alla vicenda della giovane. Il crimine per cui è accusato potrebbe portare ad una condanna da tre mesi a un anno di reclusione. Saleh-Nikbakht ha rappresentato la famiglia di Mahsa che aveva sporto denuncia contro la polizia ritenendo che la figlia fosse stata picchiata e colpita alla testa mentre si trovava nel furgone della polizia. I genitori di Mahsa hanno respinto la dichiarazione del medico legale secondo cui la 22enne, di origine curda, è morta a causa di un attacco di cuore relativo ad una malattia per cui la giovane aveva sofferto in passato.

La famiglia aveva anche chiesto che si tenesse un'inchiesta sui motivi della morte da parte di una commissione formata da un gruppo di medici diversi e affidabili. Le proteste si diffusero quindi in tutto l'Iran. Alcuni attivisti le hanno descritte come la sfida più seria che il regime abbia affrontato in oltre quattro decenni. Iran Human Rights ha riferito ad aprile che almeno 537 persone erano state uccise durante le manifestazioni e almeno 22.000 arrestate. Mercoledì scorso 11 attiviste per i diritti delle donne sono state arrestate dalle forze di sicurezza nella provincia settentrionale di Gilan, secondo l'Agenzia per i diritti umani Hrana. Un altro recente arresto è stato quello di Mashallah Karami, il cui figlio Mohammad Mehdi Karami fu impiccato dopo aver partecipato alle proteste scoppiate nello scorso settembre. Karami aveva pubblicato le foto della preparazione del cibo che lui e sua moglie avevano preparato per distribuirlo tra i bisognosi per onorare la memoria del ragazzo.

La caccia ai “simboli” non sembra comunque finita. A pochi giorni dalle commemorazioni per la morte di Mahsa Amini, non si fermano le azioni estreme del regime. Il noto cantante pop iraniano Mehdi Yarrahi è stato arrestato dopo avere pubblicato un brano che celebra l'anniversario. Le autorità iraniane hanno affermato che la "canzone illegale" è stata all'origine del suo arresto, secondo quanto riferito dall'agenzia Mizan. Le canzoni di Yarrahi sono state usate come una sorta di grido di battaglia in Iran dopo la morte di Mahsa.

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