venerdì 22 gennaio 2010
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L’Onu ha ammesso che forse non sarà mai in grado di determina­re il bilancio finale del devastan­te terremoto di Haiti. Il triste conteggio è reso complicato dal totale collasso delle i­stituzioni di governo e dal fatto che molte persone sono ancora sotto le macerie. Le squadre di soccorso proseguono le ricer­che, ma intanto gli sforzi si concentrano sulla distribuzione di cibo, acqua e medi­cinali. «Con il passare dei giorni ci si organizza meglio e ci sono impellenze minori che ci permettono di pianificare a lungo termi­ne. Ma questa è un’operazione che durerà anni: ne pianifichiamo tre di presenza ad Haiti», ha detto Massimo Barra, presiden­te della Croce Rossa Internazionale. I pro- blemi maggiori in queste ore sono rap­presentati dalle ferite e dalle infezioni: moltissimi i bambini a cui vengono am­putati gli arti, ma ci sono anche casi di ge­nitori che li riportano a casa con le ferite infette, destinando con ogni probabilità i piccoli alla morte. I chirurghi di Medici senza frontiere lavorano senza sosta in 10 sale operatorie. In aumento, con la man­canza di acqua potabile, anche i casi di tifo e febbre dengue. A nove giorni dal sisma, che ha ucciso al­meno 75mila persone e la­sciato un milione di senza­tetto, i soccorritori sono con­vinti che non si possa esclu­dere la possibilità che ci sia ancora qualcuno vivo sotto le macerie. Tra l’altro la poten­te replica sismica di merco­ledì mattina (e ce nè sono state altre due forti anche ieri) potrebbe aver smosso le mura cadute, aprendo nuovi varchi d’a­zione. Ancora ieri una squadra di soccor­so spagnola ha tratto in salvo una ragaz­zina di 14 anni rimasta sepolta sotto le ma­cerie della sua abitazione a Port-au-Prince. La giovane, Estèfani, era stata da­ta per morta. A trovare la ragazzina, nata con un deficit mentale, è stato uno zio che scavava tra le macerie. Le squadre di soc­corso sono riuscite a liberare la ragazzina, che era in stato di choc e soffriva di tachi­cardia e l’hanno ricoverata in un ospeda­le da campo. «È la prima volta che abbiamo così tante condizioni favorevoli alla sopravvivenza. All’ottavo giorno le squadre lavoravano come al primo – ha spiegato la portavoce dell’Ufficio dell’Onu per gli affari umani­tari, Elysabeth Byrs – Ci sono squadre che cominciano ad andarsene, in particolare quelle che non dispongono di equipag­giamenti pesanti, ma altre restano». Anche per il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, è oppor­tuno proseguire ancora per un po’ le ricerche di possibili superstiti. All’appello, tra l’altro, mancano ancora due italiani: si tratta di An­tonio Sperduto, il manager italia­no rimasto intrappolato sotto al Caribbean Market, e la fun­zionaria Onu Cecilia Corneo. È stato invece re­cuperato ieri a Jacmel, con un elicottero fran­cese, Marcello Guidotti: l’uomo era rimasto di fatto isolato nella cittadina dal giorno del sisma. L’Onu ha intanto ag­giornato il numero degli sfollati: sono cir­ca 500mila nella sola Port-au-Prince, di­stribuiti in 447 accampamenti di fortuna. Due giorni fa il dato era di 370mila terre­motati in 300 accampamenti. «Non si trat­ta di campi veri e propri, ma piuttosto di raggruppamenti di persone» in luoghi o e­difici preservati dal sisma, spiegano dall’O­nu. Proseguono intanto le distribuzioni di aiuti: ieri è stato consegnato materiale i­gienico a 26 mila persone a Leogane e a 24 mila persone nella capitale. La guardia co­stiera americana ha inoltre reso noto che il porto della capitale è stato parzialmen­te riaperto. Nel frattempo sono saliti a quattro gli aeroporti in grado di ricevere voli umanitari. L’Onu ha inoltre aperto ie­ri il «corridoio umanitario» dalla Repub­blica Dominicana per trasportare beni via terra. «Siamo sopraffatti» dalla catastrofe – ha ammesso a Le Monde il nuovo capo della missione Onu ad Haiti, Edmond Multet. L’obiettivo è nutrire un milione di perso­ne entro due settimane e due milioni di persone entro un mese». Quanto alla lo­gistica, ha tagliato corto, è un vero e pro­prio «incubo».
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