sabato 14 marzo 2020
Il 15 marzo 2011, come movimento contro Assad, sulla scia delle Primavere, la rivolta esplode. Debellato il Daesh alla fine del 2017, il regime riprende gran parte del territorio. Tranne Idlib
La liberazione del campo profughi palestinese di Yarmouk alle porte di Damasco

La liberazione del campo profughi palestinese di Yarmouk alle porte di Damasco - Reuters

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Dal 15 marzo 2001 fino ai giorni nostri, la Siria ha vissuto il dramma della guerra alle porte dell'Europa più lunga di sempre. Col oltre 540 mila morti, in prevalenza civili e sei milioni di profughi e sfollati interni tuttora in attesa di una normalità, che in aree come quella provincia di Idlib, non riesce a essere tale.

Lʼesordio

Il conflitto scoppia il 15 marzo 2011 come movimento di protesta contro la dittatura di Assad, sulla scia della Primavera araba. Davanti alla continua repressione del governo, i ribelli (disertori dell’esercito raccolti nell’Esercito libero siriano) contendono il controllo delle città principali del Paese. Nel 2013 entrano in scena, a sostegno del regime, gli hezbollah libanesi e i pasdaran iraniani.

Lʼescalation

Una nuova fase della guerra si apre nel 2014 con l’espansione, a partire da Raqqa, del Daesh e la radicalizzazione in senso islamico della ribellione. Assad è accusato dall’Occidente di usare armi chimiche a Damasco. Il 30 settembre 2015, Moscae ntra nel conflitto con la prima vittoria ad Aleppo nel dicembre 2016.

La tregua

La minaccia del Daesh viene debellata dalle milizie curde che costituiscono una zona autonoma nel Nord. I curdi entrano a Raqqa nell’ottobre 2017, ma devono presto affrontare l’intervento militare turco. Nel resto del Paese, il regime riprende gran parte dei territori grazie all’aiuto russo. L’ultima offensiva, in corso dal 2019, si concentra a Idlib, dove sono raccolti i ribelli.

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