martedì 16 dicembre 2014
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Sedici ore di terrore trasmesse in mondovisione. Con un epilogo tragico. E almeno due lezioni da ricavare. La prima, inquietante, è che nessun Paese è al riparo da un terrorismo emulativo e improvvisato, di singoli fanatici o di individui disturbati e poco integrati nella propria società che vengono suggestionati dal messaggio palingenetico e nichilistico insieme del Califfato. L’Australia ha così scoperto quale può essere il prezzo di far parte della coalizione anti-Is in Iraq.

Il secondo messaggio, più confortante, che arriva dalla lontana Sydney è la risposta pronta e quasi unanime della comunità musulmana locale, tempestiva e ferma nel dissociarsi dall’assalto compiuto nel nome distorto dell’islam. Ciò che però emerge riguarda la consapevolezza che soltanto una costante attenzione ai messaggi lanciati nelle moschee e una ripetuta presa di distanza dal fondamentalismo armato possono, alla lunga, scoraggiare i violenti. Condannare gli assalti ed essere vicini alle vittime è certamente il primo passo, tuttavia il contrasto del terrore è un lavoro lungo e sempre esposto a terribili fallimenti. In Australia, e ovunque.

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