martedì 6 febbraio 2024
I prodotti arrivano da Pyongyang, vengono confezionati in Cina e poi spacciati come cinesi. Un mercato da 167 milioni di dollari che serve a sostenere il regime di Kim Jong-un
Uno stabilimento di ciglia finte in Cina

Uno stabilimento di ciglia finte in Cina - REUTERS

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Gettonate, ricercatissime, fiore all’occhiello dell’industria cosmetica cinese. Peccato che non siano “made in China” ma arrivino dagli stabilimenti della Corea del Nord. Le ciglia finte, ambitissime nei mercati asiatici, vengono in realtà prodotte all’estero, confezionate in Cina e poi “spacciate” come cinesi. Non si tratta di un mercato residuale, ma di una fonte di valuta estera essenziale per la sopravvivenza del regime nordcoreano, strozzato dalle sanzioni internazionali per la sua politica nucleare. Nel 2023 parrucche e ciglia hanno rappresentato il 60% del totale delle esportazioni nordcoreane in Cina: ben 1.680 tonnellate di prodotti sono transitate tra i due Paesi. Un mercato che vale circa 167 milioni di dollari. E che serve a sostenere l’agonizzante economia di Pyongyang, tutta requisita dagli sforzi militari.

«Dobbiamo presumere che i milioni di dollari che ogni mese la Corea del Nord guadagna con questo commercio vengano utilizzati per sostenere il regime di Kim Jong-un» ha detto alla Reuters l'avvocato Shin Tong-chan, esperto di sanzioni. Ci guadagna anche Pechino. Che in pratica riproduce il meccanismo che le ha consentito per decenni di essere la “fabbrica del mondo”, innescando così una poderosa crescita economica: esternalizzare. A corto di manodopera, Pechino ricorre a quella straniera, meno pagata. I salari nordcoreani sono un decimo di quelli cinesi. La “capitale mondiale delle ciglia” è la città di Pingdu, considerata un nodo chiave nella catena di approvvigionamento dalla Corea del Nord. L'80% delle fabbriche localizzate in questo lembo della Cina orientale, acquistano o lavorano materie prime e semilavorati provenienti dalla Corea del Nord. Con i suoi 1,2 milioni di abitanti, la città rappresenta il 70% della produzione globale di ciglia finte. "La qualità del prodotto nordcoreano è molto migliore", ha ammesso Wang Tingting, la cui famiglia possiede l'azienda, che esporta prodotti negli Stati Uniti, in Brasile e in Russia.

Un'operaia al lavoro in uno stabilimento di ciglia finte nella città cinese di Pingdu

Un'operaia al lavoro in uno stabilimento di ciglia finte nella città cinese di Pingdu - REUTERS

Un'industria in crescita

Il mercato dei cosmetici in Cina è in continua espansione. È secondo solo a quello statunitense. Solo che il primo, quello cinese, cresce (più 9,1% annuo) molto più velocemente del secondo. Secondo alcune stime, spinto dalle piattaforme di e-commerce, genererà oltre 60 miliardi di dollari entro il 2024. E le ciglia finte? Il mercato globale valeva 1,33 miliardi di dollari nel 2022 e si prevede raggiungerà quota 2,12 miliardi di dollari entro il 2030.

Il presidente cinese Xi Jinping

Il presidente cinese Xi Jinping - ANSA


Rapporti turbolenti​

Che il regime di Pyongyang abbia un ruolo ancillare rispetto a Pechino è riconosciuto da tutti gli analisti. Lo testimoniano anche i dati economici. Il valore degli scambi commerciali tra Cina e Corea del Nord, nel 2023, è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente, tornando ai valori pre-pandemici. Le spedizioni tra i due Paesi hanno toccato quota 2.295 miliardi di dollari.

Altrettanto stretti i legami politici e simbolici. E gli intrecci storici. Quest’anno ricorre il 75esimo anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra le due nazioni. Tanto che il presidente cinese Xi Jinping e il leader nordcoreano Kim Jong-un hanno designato congiuntamente il 2024 come “Anno dell’amicizia” tra i loro Paesi. Tutto bene dunque? Non proprio, perché qualche ombra si allunga e opacizza le relazioni tra Cina e Corea. A Pechino sembra non abbiano gradito l’attivismo di Pyongyang verso la Russia di Putin. La domanda che aleggia, e non solo nelle cancellerie occidentali, è questa: quanto è affidabile Kim? Il suo continuo gioco al rialzo e le continue provocazioni non piacciono così tanto a Pechino. Che non può permettersi l’implosione del regime. E che, allo stesso tempo, non vede di buon occhio la politica nucleare di Kim, che minaccia di alterare gli equilibri in Asia, spingere ad una maggiore assertività statunitense e innescare una pericolosa corsa al riamo, in particolare di Giappone e Corea del Sud. Tutti Paesi “ostili” ai sogni di dominio cinese.

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