giovedì 30 marzo 2023
La missione di francescani, Sant'Egidio, Auxiium e Figc. Festa per i libri donati da Francesco
La scuola parallela dei bimbi di Irpin
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Sono cinquanta i gradini della salvezza per Arina e i suoi compagni di classe se vogliono sfuggire alle bombe. Lei ha 8 anni e, come tutti gli alunni della scuola Numero 1 di Irpin, sa bene che non devono passare più di cinque minuti dall’inizio dell’allarme antiaereo all’arrivo nel rifugio. E la via da imboccare è una scala grigia e blu che porta nella “scuola parallela”. È quella ricavata negli ex scantinati dove sono stati quasi replicati sottoterra i due piani dell’istituto. Porte con i nomi delle classi; banchi e lavagne ovunque; il salone per fare ginnastica; uno spazio ricreazione dove, però, alle pareti sono affissi i manifesti che spiegano come riconoscere le mine o come comportarsi in caso di attacco batteriologico o nucleare. Al di là dei vetri si vede soltanto il cemento: sono i blocchi che proteggono e oscurano le finestre a livello strada.

«Capita di starci anche cinque ore di fila», fa sapere la preside Olena Illyashenko. Ma non è servito andarci nella giornata di ieri in cui si è celebrata la liberazione della “città martire” dall’occupazione russa. Kiev è a meno di trenta chilometri. E Irpin, insieme a Bucha, Gostomel e Borodianka, è stato il baluardo che ha fermato l’avanzata dei carri armati di Mosca diretti verso la capitale. Una resistenza che si è tradotta in oltre un mese di assedio, di combattimenti e poi di distruzione e uccisioni prima della ritirata. Anche il plesso è stato colpito più volte. E le foto nell’auditorium raccontano a futura memoria la palestra sventrata, i corridoi invasi delle macerie, il tetto crollato. «Nei primi giorni dell’aggressione i seminterrati hanno accolto le famiglie del quartiere. Poi, finita l’occupazione, siamo state noi insegnanti a cominciare a ripulire l’edificio. Anche perché Irpin era una città morta». E il primo settembre la “Numero 1” era già rimessa a nuovo grazie all’Unicef, con il suo rifugio per mille studenti. A inaugurala il presidente Volodymir Zelensky l’aveva scelta per aprire l’anno scolastico. La direttrice mostra con orgoglio le foto e i video con il leader ucraino seduto tra gli scolari. Tutto alle spalle? «Forse se guardiano alle mura; però non nei ragazzi che si saranno anche abituati al suono quotidiano delle sirene ma fanno fatica a sorridere», sospira Olena. E confida: «Abbiamo deciso di non usare la parola “guerra” in classe: non come forma di censura ma per non alimentare i traumi che come docenti siamo chiamati anche a contribuire a curare. Infatti abbiamo frequentato corsi specifici di sostegno psicologico».

Arina scoppia a ridere quando padre Enzo Fortunato dice davanti alla lavagna che « Dio coccola». Le piace l’idea che qualcuno dal cielo possa abbracciarla. Non ha bisogno della traduzione per capire le parole del frate minore conventuale che nel giorno della liberazione si presenta con il saio e rivela di essere giunto dall’Italia per una missione di “pace e umanità” in Ucraina. «Ho vissuto per sei mesi in Lombardia», sussurra la bambina dai capelli castani a caschetto. Sfollata di guerra, in fuga dall’Armata Rossa. Poi è rientrata a Irpin con i genitori. Non come la metà dei suoi compagni di scuola che la paura delle bombe costringe ancora alla diaspora fuori del Paese. Così quella di Arina è anche una scuola “divisa” in tempo di guerra: fra chi è in aula e chi è collegato online. Su 1.300 iscritti dai 6 ai 17 anni, 800 non mettono piede nella cittadella dell’istruzione. « Alcune famiglie hanno scelto l’opzione “domiciliare” fai-da-te – chiarisce la preside –. Ma la maggioranza è sempre all’estero e segue le lezioni via computer». Nella mattinata di festa arrivano anche i libri donati da papa Francesco. E poi le magliette della Nazionale italiana di calcio regalate dalla Figc. A portarle insieme a un carico di aiuti i francescani, la Comunità di Sant’Egidio e la cooperativa sociale Auxilium. «Essere accanto ai ragazzi significa gettare le basi per un futuro di fraternità», afferma il fondatore Angelo Chiorazzo prima di dare il via alla partitella che anticipa il match fra Italia e Ucraina di settembre per le qualificazioni agli Europei.

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