sabato 11 marzo 2023
La dottrina del generale Gerasimov dà più potere ai comandanti sul campo, un cambio di strategia che però si scontra con i problemi di logistica. Come si ripete da mesi, la guerra non avrà vincitori
A Bakhmut si continua a combattere. Un'immagine satellitare

A Bakhmut si continua a combattere. Un'immagine satellitare - Reuters

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C’è un «effetto Gerasimov» sulle dinamiche russe in Ucraina? Da quando il capo di Stato maggiore generale, fedelissimo di Putin, ha preso le redini «dell’operazione militare speciale», c’è del nuovo in teatro.

Gerasimov ha imbastito piani intelligenti e dinamici. Furbescamente, ha costretto gli ucraini a disperdersi. Come ci è riuscito?

Da fine dicembre, ha ripreso a insidiare l’intera frontiera ucraina, minacciando di muovere dalla Bielorussia, premendo simultaneamente nel settore di Kharkiv e alimentando i torbidi in Moldavia. Kiev non ha potuto far altro che disperdere molti soldati, altrimenti preziosi nel Donbass. Qui la sua densità difensiva si è affievolita, con il rischio di sfondamenti russi.

Sarà capace l’Armata Rossa di sfruttare il favore del momento? Quando aveva fatto breccia a Popasna, l’estate scorsa, tutti si attendevano un’avanzata rapida, mai verificatasi, perché Mosca non sa ordire manovre meccanizzate complesse. Oggi, qualcosa potrebbe essere cambiato. Nelle battaglie degli ultimi due mesi, fra Siversk e Bakhmut, sono comparse fra i ranghi del Cremlino nuove pedine operative. Le ha volute Gerasimov, pensandole come distaccamenti d’assalto, in sostituzione dei battaglioni tattici, troppo pesanti e privi d’iniziativa.

Le nuove unità, simili a battaglioni meccanizzati potenziati, servono per penetrare in profondità il dispositivo nemico, in città come nei boschi. Ai loro comandanti è attribuita grande autonomia: si decide lì per lì, a seconda dello scenario tattico, senza attendere ordini dall’alto.

È una novità gigantesca rispetto alla tradizione russo-sovietica, verticistica e inadatta al mutamento. I risultati si sono già visti a Soledar e arriveranno presto anche a Bakhmut. Fanno parte di una manovra di avvolgimento lungo i 1.900 chilometri di linea di contatto.

L’Armata Rossa sta premendo non solo a Bakmhut, ma anche fra Vuhledar e Kremnina. Fra queste due estremità corrono molte zone di scontri, a Siversk, Adviivka e altrove. Gerasimov sta facendo di tutto per venire a capo del disastro dei mesi scorsi. Ma, nonostante le notti insonni, trascorse a pianificare, gli sarà impossibile risolvere i mali dell’esercito con un colpo di spugna.

I suoi piani, geniali a livello teorico, si scontrano con la dura realtà. I suoi gruppi d’assalto, agili, sembrano molto ben armati, con tutto quel che serve in termini di supporto di fuoco. In pratica, la logistica li azzoppa. È stata finora il tallone d’Achille del corpo di spedizione russo in Ucraina. Per funzionare correttamente, le armi vanno mantenute in ottimo stato e affidate a personale qualificato, munito di pezzi di ricambio e di munizioni a iosa. I gruppi di Gerasimov ne fanno ancora difetto.

Non sembrano ben congegnati nemmeno per combattere in città o fra le foreste. Mancano di fanti. Ogni unità conta appena tre compagnie, con una quarta in riserva. Parliamo di 180 uomini in tutto. Pochi per infrangere le linee ucraine e dilagare. Senza una seconda mobilitazione in patria, difficilmente l’Armata rossa potrà conseguire gli obiettivi bellici del Cremlino. Per prendere la piccola Bakhmut ci sta mettendo più di 8 mesi. Conquistarla non sarà un vero successo. E, come si ripete da mesi, la guerra non avrà vincitori.



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