venerdì 29 novembre 2019
Il direttore di Caritas italiana: due mesi di mobilitazione per costruire fraternità e pace. E per riflettere su uno scontro «simbolico»
Soddu: «È la crisi peggiore della terra Non possiamo dimenticarli»
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«Lanciare oggi la campagna “Emergenza Siria – Amata e martoriata” significa voler inviare un grande messaggio di fraternità all’inizio dell’Avvento e, contemporaneamente, in vista della giornata mondiale e del mese di gennaio, un grande messaggio di pace», spiega don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana. «Sono due mesi di campagna per dare concretezza ai messaggi evangelici del dono, della gratuità, dell’incarnazione e della pace, due mesi per dare il tempo di riflettere anche su cause e dinamiche di questa guerra dal forte impatto umanitario che si collega a tutto il Medio Oriente, al Mediterraneo e all’Europa.

Don Francesco Soddu, perché la crisi in Siria è così centrale, tanto da essere definita un conflitto simbolico?
Perché si tratta, citando la definizione dell’Onu, di una «emergenza umanitaria complessa», cioè della crisi con il maggiore impatto sul pianeta. Non possiamo, quindi, dimenticarci della Siria sia per la gravità della situazione umanitaria sia per gli infiniti legami storici, culturali, biblici e geografici che abbiamo con questo Paese. Per questo la Siria è «amata e martoriata».


Ecco come contribuire con «Avvenire» agli interventi
Per sostenere l’iniziativa di Caritas Italiana si può effettuare un bonifico presso Banca popolare etica – Iban: IT 24 C 05018 03200 000013331111 precisando nella causale: «Campagna Emergenza Siria - AMATA E MARTORIATA»

Di fronte a numeri così grandi ed esigenze così diffuse come vengono selezionati i progetti e le famiglie beneficiarie?
La nostra natura ecclesiale e, al contempo, di agenzia umanitaria, ci fa partire dal basso: la Chiesa in Siria è fortemente radicata nel territorio e conosce le situazioni locali già prima che si verifichi un’emergenza, in questo caso la guerra. Anzi la Caritas fa parte, soffre con la popolazione locale. Per questo, quando si tratta di selezionare progetti e utenti, non siamo una ong che piomba sul posto scegliendo un’emergenza a caso o, peggio ancora, quella sotto i riflettori. Noi, invece, partiamo da quello che chiedono le Caritas locali, che sono in sinergia con tutto il mondo umanitario, avendo sempre l’obiettivo di lavorare in coordinamento con le agenzie dell’Onu, gli enti locali, tutti gli altri attori. La selezione di un singolo progetto, del singolo beneficiario, è quindi l’ultimo atto di un enorme lavoro di coordinamento – in atto in Siria dall’inizio della guerra civile nel 2011 – con tutta la rete Caritas, tenendo conto che Caritas Siria è sostenuta da numerose Caritas del mondo.

Tenendo conto della complessità sociale siriana e dei vari conflitti in corso in Siria, questi aiuti sono rivolti solo ai cristiani o a tutta la popolazione? Riuscite a operare solo nelle aree governative o anche nelle altre?
È vero, in Siria si sono stratificate più cause di guerra. L’iniziativa militare turca, ancora in corso, ne è la riprova. Alle iniziali richieste di pane, all’inizio del 2011, si sono sovrapposte molteplici cause con interconnessioni regionali e internazionali. Questo rende le operazioni di Caritas Siria, dato il contesto, estremamente complesse e delicate. I progetti si rivolgono a tutti, e in questi «tutti» ci sono anche, e con un occhio di riguardo, i cristiani che sono fra le prime vittime del conflitto. Ma questo sempre evitando sperequazioni e ulteriori ingiustizie.

Questo impegno umanitario internazionale di tutte le Caritas può garantire un futuro alla minoranza cristiana in Siria?
Noi crediamo che delle società interculturali e interetniche, dove ciascuno con la propria identità possa esprimersi, siano un valore. Certamente è in atto un esodo dei cristiani da tutto il Medio Oriente. Cercare di evitare questo non significa difendere posizioni, ma puntare a una felice interculturalità. Tentare di tenere unite le comunità cristiane in Siria è un bene per tutta la comunità siriana e per tutta la regione. Certamente non sarà facile garantire il ritorno dei profughi di fronte a tanta insicurezza. Il progetto «Come fiori tra le macerie» per giovani di varie religioni vuole indicare proprio questo come obiettivo per il futuro.

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