lunedì 25 settembre 2017
Ancora alta tensione tra Pyongyang e Washington. Il ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong-ho: «Gli Usa ci hanno dichiarato guerra». La Casa Bianca: «Assurdo»
La Corea del Nord: «Nostro diritto abbattere i caccia americani»
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Nessun abbassamento dei toni tra Corea del Nord e Stati Uniti. Anzi. È continuato anche ieri l’inquietante gioco al rialzo tra i due Paesi. È toccato al ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong-ho, in un rarissimo incontro con i giornalisti fuori da un hotel di New York, rilanciare: «La carta delle Nazioni Unite sancisce il diritto all’autodifesa degli Stati membri e, visto che gli Usa hanno dichiarato guerra al nostro Paese, noi abbiamo il diritto di rispondere e di abbattere i caccia americani anche se non sono ancora all’interno dei nostri confini».


Non solo. In un singolare capovolgimento delle parti, Ri Yong-ho ha fatto sapere che «tutte le opzioni sono sul tavolo» e che le recenti affermazioni del presidente americano Donald Trump sono «una chiara dichiarazione di guerra» alla Corea del Nord. La risposta americana? Scontata. E bellicosa. «Gli Stati Uniti hanno un arsenale immenso da fornire al presidente Trump per affrontare la questione della Corea del Nord», ha detto il portavoce del Pentagono, il colonnello Robert Manning. «Offriremo al presidente tutte le alternative necessarie se le provocazioni di Pyongyang continueranno», ha poi rincarato la dose Manning. Più morbida la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders: «Non abbiamo dichiarato guerra alla Corea del Nord».
Alla vigilia dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu, si era sperato che la presenza di Ri Yong-ho, navigato diplomatico nordcoreano, potesse in qualche modo servire a ricostruire una “traccia” di dialogo. Non è stato così. Anzi il botta e risposta dei giorni scorsi tra il presidente Usa Donald Trump e quello nordcoreano Kim Jong-un, sembra aver annichilito ogni possibilità. Tanto che lo stesso ministro degli Esteri di Pyongyang ha detto che le parole del tycoon hanno reso «ancora più inevitabile il lancio di un missile sul territorio americano».

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