martedì 28 novembre 2023
La politologa Kuts: troppi morti per accettare lo status quo in cambio dello stop alle armi. Fare concessioni non salva la pace. I bambini deportati in Russia per depredarci del futuro
La politologa Halyna Kuts fra le macerie dell’Università di Kharkiv colpita da un missile russo

La politologa Halyna Kuts fra le macerie dell’Università di Kharkiv colpita da un missile russo - Avvenire

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«Le intense ostilità non si fermano neanche per un’ora nelle direzioni di Donetsk e nella regione di Kharkiv, verso Kupiansk. Ma i nostri guerrieri mantengono le posizioni anche nel sud del Paese, a Zaporizhzhia e Kherson». L’arrivo della neve non congela ancora i combattimenti lungo la linea del fronte, come ricorda nel suo messaggio il presidente Zelensky. Ma è sempre il leader ucraino a lanciare l’emergenza inverno, altra “arma” in mano ai russi. Per un uragano che non ha precedenti in oltre 150 anni, due milioni di persone sono rimaste senza elettricità durante la notte nel sud della Russia, in Crimea e nelle regioni ucraine occupate di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Nel territorio sotto il controllo di Kiev «il maltempo ha causato interruzioni di corrente in più di 2mila città e villaggi in 16 regioni». Secondo le autorità ucraine, Mosca prende ancora di mira la rete elettrica. La compagnia Dtek ha fatto sapere che nell’ultimo mese cinque delle sue centrali termoelettriche vicine al fonte sono state colpite, l’ultima la notte scorsa. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha ammesso che la situazione è «molto difficile» anche per le truppe ucraine ma ha ribadito il «sostegno incrollabile» a Kiev.


«La Russia non ha intenzione di fermarsi, a dispetto di quanto viene dichiarato. E vuole che la guerra in Ucraina sia di lungo periodo». Halyna Kuts insegna scienze politiche all’Università nazionale “Skovoroda” di Kharkiv. Nelle aule in cui teneva i corsi è arrivato un missile partito al di là del confine russo che dista cinquanta chilometri dalla seconda città del Paese. E lei è presentata fra le macerie. «Era un dovere testimoniare che chi ci aggredisce non può distruggere le nostre palestre del pensiero», spiega. Consigliere regionale, è anche volontaria accanto ai soldati feriti in un «centro segreto di riabilitazione che ospita le famiglie dei militari e i loro figli: ma nessuno deve sapere dove si trova, altrimenti verrebbe bombardato».

Professoressa, la stanchezza è evidente. Ci sono le condizioni per congelare il fronte e quindi far tacere le armi?

Lo escludo. Parlo con i soldati e la situazione è complessa. Il numero delle vittime si fa sempre più elevato: sia fra i militari, sia fra i civili. Ogni famiglia ucraina ha almeno un lutto in casa o nella cerchia ristretta dei parenti. E Putin ambisce a sottrarci altre terre. Tutto questo può far ritenere all’opinione pubblica che eventuali concessioni territoriali siano un prezzo da pagare per il cessate il fuoco? Dico di no. Anzi, i troppi morti a causa dell’invasione russa sono un punto di non ritorno. Non si può accettare che così tanti ucraini siano stati uccisi invano. E soprattutto non è pensabile che, qualora venissero lasciate alla Russia le parti delle nostre regioni che oggi controlla, Mosca si fermerà. La storia ci insegna l’esatto opposto. Ciò che è accaduto con la Crimea e con il Donbass dimostra che ogni concessione fatta al Cremlino non ha salvato la pace ma ha alimentato il desiderio di conquista. Ecco perché un accordo di pace dovrà avere come base il ritiro della Russia dai territori occupati fino al suo ultimo soldato.

L’esercito russo preme sulla regione di Kharkiv, come ha ricordato in queste ore il presidente Zelensky.

Mosca vuole tentare di conquistare questo angolo di Ucraina. Lungo la linea di combattimento gli scontri sono intensi. La Russia ha concentrato uomini e mezzi intorno alla città di Kupiansk, a ridosso del confine russo e di quello con il Donbass: la ritiene una testa di ponte da cui lanciare l’offensiva verso la metropoli di Kharkiv. Ma non ce la farà.

L’Ucraina teme il disimpegno dell’Occidente?

Il Paese è grato alla comunità internazionale per quanto continua a fare. Penso anche agli aiuti umanitari che sono fondamentali. Di fronte alla strategia di logoramento russa, la garanzia del sostegno occidentale è cruciale.

Lei è attenta al dramma dei bambini. Tema caro a papa Francesco.

Nell’oblast di Kharkiv abbiamo avuto 80 ragazzi morti nelle zone occupate: non è un dato ufficiale ma attendibile. E abbiamo avuto rapimenti di bambini. Cito il caso di un internato di Kupiansk da cui, durante i sei mesi d’occupazione della città, sono stati prelevati 15 piccoli ospiti: alcuni restano in mano russa, altri sono rientrati fra noi. Oppure quanto è accaduto in un villaggio dell’oblast dove i militari di Mosca hanno sottratto i figli alle famiglie ripetendo: “Così li mettiamo al sicuro”. La Russia vuole depredare l’Ucraina non solo impossessandosi dei suoi territori, ma anche sottraendoci le nuove generazioni.

La rieducazione dei bambini?

Esatto. Si vuole forgiarli con una mentalità militarista. In un libro russo appena pubblicato si glorifica Stalin per la Seconda guerra mondiale. Al contempo nei territori ucraini che sono stati occupati, l’esercito di Mosca ha distrutto in modo sistematico le scuole e incendiato tutti i libri.

La guerra sta alimentando in Ucraina una sfiducia nelle istituzioni.

Il popolo è a fianco di chi difende il Paese. Meno di chi lo governa. Gli standard democratici sono ancora troppo bassi: pensiamo all’informazione che in questo periodo è a reti unificate con la sola voce di Zelensky. Perciò reputo giusta la decisione di rinviare le elezioni del 2024: i candidati non avrebbero avuto parità di condizioni; si sarebbe dovuto votare nei bunker; e mancano all’appello milioni di profughi.

Il Parlamento sta votando una legge per vietare la Chiesa ortodossa ucraina di matrice russa.

Scelta giusta. Era necessario accendere un faro sulla Chiesa legata al patriarcato di Mosca che era stata favorita anche dal presidente filorusso Yanukovich. Serve controllare ciò che accade all’interno: non possiamo permetterci che credenti in buona fede siano istruiti da preti che fanno propaganda per lo Stato aggressore o sono collaborazionisti.

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