giovedì 19 ottobre 2023
L'ingresso dei convogli di aiuti umanitari dal varco egiziano è stato rinviato. L'ordine di entrare nella Striscia, invece, dovrebbe arrivare presto, ha annunciato il ministro della Difesa israeliano
undefined

undefined - ANSA

COMMENTA E CONDIVIDI

L'ordine di entrare a Gaza arriverà presto. Lo ha detto ai soldati il ministro della difesa israeliano. Continua intanto l'attesa per gli aiuti, ma secondo fonti citate dalla Cnn l'ingresso dei convogli di aiuti umanitari per Gaza dal varco egiziano di Rafah, l’unico ingresso nella Striscia a non essere controllato da soldati israeliani, sarà rinviato. «La battaglia si sta spostando sul territorio di Hamas» a Gaza, ha affermato il comandante dell'esercito del sud di Israele.

L’accordo tra Stati Uniti, Egitto e Israele prevede che sul valico di Rafah sia issata la bandiera dell’Onu e che osservatori internazionali ispezionino i carichi, ha scritto il New York Times citando fonti delle Nazioni Unite. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si limita a osservare che venti camion sarebbero come «una goccia nell’oceano». Chi era sul posto riferiva di macchinari all’opera per riparare la strada colpita da quattro raid. Fino al 7 ottobre vi transitavano quotidianamente cento camion che portavano beni di prima necessità, poiché gran parte dei 2,3 milioni di palestinesi già dipendeva dagli aiuti internazionali.

Davanti ai cancelli dell’enclave da giorni è parcheggiato un centinaio di camion con le prime tremila tonnellate di medicinali, cibo e acqua. Altre derrate attendono nei magazzini di ad al-Arish, a 45 chilometri dal valico. Il responsabile della Mezzaluna Rossa egiziana, Khaled Zeid, riferisce di «un coordinamento» con la Mezzaluna palestinese per far entrare «un ospedale da campo e tende». Aspettano anche centinaia di volontari egiziani di varie Ong, riunite nell’Alleanza nazionale per lo sviluppo civile. Dall’altra notte è in corso un sit-in di protesta. «Sono qui per tentare di portare gli aiuti. Non ho paura, resterò anche un mese, due o tre. Non farò marcia indietro» dice Abdelrahman Farid Gomaa, 29 anni, arrivato da Beir el Abd, nella provincia settentrionale del Sinai.

Infografici

Ospedali al collasso. «Sta finendo il carburante per i generatori»

Dall’enclave arrivano notizie agghiaccianti. «La situazione negli ospedali è drammatica: i medici lavorano ininterrottamente da 12 giorni. Mi hanno informato che stanno operando senza anestesia perché è esaurita» riferisce alla tv spagnola Tve la direttrice a Madrid dell’agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa), Raquel Martì. «Abbiamo dovuto razionare l’acqua – aggiunge -. Stiamo distribuendo solo un litro per persona al giorno». Dall’ospedale di al-Shifa a Gaza, Medici Senza Frontiere conferma: «Mancano personale, farmaci e forniture mediche. E i medici rimasti non riescono a far fronte al grande afflusso di feriti con lesioni da trauma, ustioni, fratture e schiacciamenti degli arti». Oltretutto «il carburante necessario per far funzionare i generatori si sta esaurendo, mettendo a rischio la vita di moltissimi pazienti, specialmente quelli in terapia intensiva, neonatologia e di chi necessita di macchine per il supporto respiratorio. A causa della carenza generale di medicinali, sono a rischio anche i pazienti con malattie croniche, come il diabete e il cancro, e le donne incinte». A fronte di una capienza massima di 700 posti letto, l’ospedale accoglie oltre 3.000 pazienti. «La maggior parte dei feriti sono civili, donne e bambini» precisa Nedal Abed, chirurgo ortopedico di Msf ad al-Shifa.

Nella Striscia 3.785 vittime. Il ministro ai soldati: presto dentro Gaza

Il ministero della Sanità di Gaza ha aggiornato il bilancio a 3.785 morti, di cui 1.524 minori, e 12.493 feriti, di cui 3.983 minori e 3.300 donne. Ma il peggio potrebbe ancora arrivare. «La battaglia si sta spostando sul territorio di Hamas» ha detto il comandante dell'esercito del sud di Israele, Yaron Finkelman, mentre il ministro della Difesa, Yoav Gallant annunciava ai soldati: «Ora vedete Gaza da lontano, presto la vedrete dall’interno». Nei raid ieri sono stati uccisi il capo delle forze di sicurezza nazionali di Hamas, Jehad Mheisen, e il capo del ramo militare dei Comitati di resistenza popolare a Rafah, Rafat Harb Hussein Abu Hilal.

Le Forze di difesa israeliane comunicano di aver «colpito centinaia di strutture terroristiche di Hamas, tra cui dozzine a Shuja'iyya». Si tratta di postazioni di lancio di missili anticarro, tunnel e centri di comando. Uccisa anche Yamila al-Shanti, la prima donna a occupare una posizione nell’ufficio politico di Hamas. La sua casa di Gaza è stata centrata in un raid. Nata nel 1957 nel campo profughi di Yabalia, al-Shanti era stata eletta nell'ufficio politico del gruppo nel 2021. Nel tentativo di localizzare i 203 ostaggi in mano ai terroristi, alcuni commando dell’esercito hanno fatto incursioni nella Striscia. Restano i dubbi sulla strage di martedì sera all’ospedale al-Ahili a Gaza City, per la quale Israele sostiene di avere “prove” che si sia trattato di un razzo difettoso sparato dalla Jihad islamica dal cimitero vicino all’ospedale. Dubbi anche sul bilancio: il ministero palestinese denunciava 471 vittime, ma l'intelligence europea ritiene più verosimile una cinquantina. Un rapporto dell’intelligence Usa, visto dalla Reuters, li stima in un centinaio.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: