sabato 3 giugno 2023
L'ex presidente, artefice della pace, sabato prossimo sarà in Vaticano dal Papa con gli altri premi Nobel: «Se ci sono volontà, perseveranza e coraggio è possibile mettere fine a qualunque conflitto»
L'ex presidente Juan Manuel Santos, premio Nobel per la Pace

L'ex presidente Juan Manuel Santos, premio Nobel per la Pace - Ansa

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«Il processo di pace colombiano – impossibile per tanti – dimostra che ogni conflitto ha una soluzione. Se ci sono volontà, perseveranza e coraggio è possibile mettere fine a qualunque guerra». Juan Manuel Santos è tutt’altro che un ingenuo utopista. Nella sua lunga carriera politica ha combattuto in prima linea la guerriglia delle Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia (Farc). Durante la sua presidenza (2010-2018), però, il leader colombiano ha avviato un inedito esperimento di negoziato che ha portato, contro ogni previsione, alla firma della pace, il 24 novembre 2016. Per il suo impegno, il Comitato di Oslo l’ha insignito del premio Nobel per la Pace. Sabato prossimo sarà uno dei trenta a partecipare, alla presenza di papa Francesco, al “Meeting mondiale sulla fraternità umana”.
Presidente Santos, lei è convinto che non ci sia guerra alla quale non si possa mettere fine. Vale anche per quella Ucraina? Che suggerimenti si traggono dall’esperienza colombiana?
Come ho detto al presidente Zelensky, dare voce e riconoscimento alle vittime fin dal principio è importante. E quando ci siano le condizioni, è fondamentale pianificare bene il negoziato e coinvolgere la comunità internazionale nella costruzione di una pace stabile e duratura.
Qual è stata la chiave del processo di pace colombiano, apparentemente impossibile dopo oltre mezzo secolo di conflitto civile?
Hanno contribuito molti fattori: una buona pianificazione, l’edificazione delle condizioni necessarie, il sostegno del mondo. È stato cruciale, inoltre, avere molta pazienza e perseveranza ma anche audacia.
Qual è la lezione che la trattativa colombiana insegna al mondo?
Abbiamo firmato il primo accordo che ha messo al centro le vittime e i loro diritti. Il primo che ha incluso un capitolo specifico sulla prospettiva di genere e sulle differenti etnie. È stata, inoltre, la prima intesa negoziata in base agli standard dello Statuto di Roma e in cui le parti hanno creato un sistema di giustizia speciale di transizione al quale hanno accettato di sottoporsi. Tutto ciò può essere utile per il mondo. Qualunque conflitto, per quanto difficile sia, ha una soluzione attraverso un dialogo costruttivo. E per dialogo costruttivo intendo la capacità di riconoscere e imparare da chi la pensa in maniera opposta non di convincere quest’ultimo delle nostre idee.
Come vede la situazione colombiana attuale?
Costruire la pace è più difficile che fare la guerra però, per fortuna, l’accordo resiste. Il 95 per cento degli ex combattenti ha mantenuto l’impegno al disarmo e spero che il governo attuale implementi quanto manca da attuare, come ha promesso. La violenza, purtroppo, è ancora forte. La Colombia spera di firmare la pace con l’altra guerriglia, l’Ejercito de liberacion nacional (Eln) e mettere fine agli attacchi dei gruppi criminali, dediti in gran parte al narcotraffico e all’estrazione mineraria illegale.
Come valuta il progetto della «pace totale» del presidente Gustavo Petro?
Come ho detto, un processo di pace richiede un’attenta pianificazione, molto rigore e tanto metodo, caratteristiche che, sfortunatamente, sono mancate finora al piano di pace totale. L’applicazione dell’accordo con le Farc, inoltre, va a rilento a causa della scarsa attuazione del governo precedente. La sua implementazione è fondamentale per la “pace totale”. Spero che l’esecutivo faccia le correzioni necessarie.
Il ruolo di papa Francesco è stato importante per la pace in Colombia? E per la pace mondiale?
Il sostegno di papa Francesco è stato molto importante, non solo durante il processo per arrivare all’accordo, ma ha anche accompagnato il passo successivo: la difficile riconciliazione. Il suo viaggio storico in Colombia nel 2017 le ha dato un gran dinamismo e ci ha dato forza per continuare a lottare al fine di curare le ferite, perdonare, lavorare al fianco delle vittime e costruire un futuro migliore. Papa Francesco è, inoltre, una delle poche – nonché più autorevoli – voci che ci ricorda quale sia il vero obiettivo di una società: l’edificazione della pace e la custodia della dignità dell’essere umano.
Le è di ispirazione “Fratelli tutti”?
L’Enciclica ci dice che tutti viviamo in una sola casa, che si chiama pianeta Terra e che tutti apparteniamo a un’unica razza, quella umana. Solo se comprendiamo questo possiamo collaborare per affrontare e risolvere sfide esistenziali come il cambio climatico, la minaccia della guerra nucleare, le pandemie e, da ultimo, l’intelligenza artificiale. In un tempo in cui il multilateralismo ha perso forza, l’invito alla fraternità del Papa è decisivo.

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