venerdì 24 novembre 2023
Si tratta di 13 israeliani e 10 thailandesi e un filippino. Sono stati consegnati alla Croce Rossa nell'ospedale di Khan Yunis nel sud della Striscia. Arrivati in Israele
Le foto di alcuni degli ostaggi liberati

Le foto di alcuni degli ostaggi liberati - Media israeliani

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Quando nel tardo pomeriggio un portavoce della Croce Rossa internazionale ha confermato che 24 ostaggi erano stati consegnati alla polizia egiziana sul valico di Rafah, tutti hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma è ancora presto per festeggiare. Poco prima delle 16, infatti, un portavoce del governo aveva annunciato un nuovo slittamento. Dopo il rinvio di giovedì, si è temuto che nella prima giornata di tregua, nel corso della quale non sono mancate scaramucce tra le parti, gli accordi potessero saltare. Poi a sorpresa, sullo schermo gigante del centro stampa di Tel Aviv, è apparso il primo fuoristrada della Croce Rossa che giungeva al posto di frontiera nel Sud di Gaza con a bordo una coppia di ostaggi appena rilasciati. Fino all’ultimo, a quanto trapela da fonti qualificate, Hamas ha tentato di alzare la posta. Ma Gerusalemme aveva mostrato di stare ai patti quando, prima ancora di ricevere la conferma del rilascio, aveva aperto le porte delle carceri per i 39 detenuti palestinesi tornati a piede libero nella Cisgiordania occupata. I dettagli sulla consegna e la modalità con cui i 24 ostaggi sono stati liberati dai fondamentalisti, attraverso diversi passaggi per impedire di poter risalire ai covi, non sono stati resi noti. I negoziatori vogliono mantenere la totale riservatezza per non mettere a repentaglio la vita delle oltre 200 persone ancora sotto il controllo degli estremisti. Al momento non si sa neanche quanti fossero trattenuti direttamente da Hamas e quanti fossero in mano ad altre milizie della galassia jihadista. Alcune ore prima, da un penitenziario di Gerusalemme Est, sono stati rimessi in libertà 39 palestinesi, tra cui 11 minorenni e il resto donne adulte. All’uscita sono stati accolti dall’esultanza della folla.

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Fra i 13 ostaggi israeliani liberati c’è anche Hanna Katzir, un’anziana signora di cui la Jihad islamica aveva annunciato la morte durante la detenzione. La sua famiglia ha confermato la liberazione, ridando speranza anche ad altri parenti di ostaggi di cui non si sa nulla. «Gioia, dolore, tristezza e determinazione». Benny Gantz non ha fama di politico dal cuore tenero. È il ministro del gabinetto di guerra. Da ex capo di stato maggiore, più che un politico è un militare. Perciò le sue parole sono prima di tutto quelle di un soldato che conosce la differenza tra la propaganda da dare in pasto all’opinione pubblica e cruda realtà di chi sa cosa vuol dire «stare sul campo». E il momento della consegna degli ostaggi non poteva essere piegata alle necessità di campagne promozionali. Il premier Netanyahu, la cui sorte politica dipende più di tutto da come riuscirà a salvare tutti gli ostaggi, ieri è stato sintetico: «Abbiamo appena completato la restituzione del primo gruppo dei nostri ostaggi: bambini, le loro madri e altre donne. Ognuno di loro è un mondo intero». Poi di nuovo la promessa: «Sottolineo a voi famiglie, e a voi cittadini di Israele: siamo impegnati a restituire tutti gli ostaggi. Questo è uno degli obiettivi della guerra e siamo impegnati a raggiungere tutti gli obiettivi». Parole, queste ultime, che in realtà suscitano dibattito tra quanti hanno ancora parenti trattenuti da Hamas. Non a caso oggi, al termine del sabato di Shabbat, è prevista una nuova manifestazione a Tel Aviv. Per tutto il giorno davanti al Media Center di Tel Aviv le associazioni dei familiari degli ostaggi hanno continuato la loro protesta, ancora una volta senza risparmiare critiche al premier Netanyahu. «Non sappiamo neanche se sono vivi o morti – si lamentano alcuni parenti davanti al gazebo dei familiari –. Possibile che stiano negoziando senza neanche sapere quante siano le persone su cui c’è una trattativa?». Almeno 100 donne, in buona parte ragazze e adolescenti, sono prigioniere di Hamas e della Jihad islamica. La paura per la loro vita si accompagna al terrore che vengano sottoposte a stupri di gruppo, come è avvenuto in alcuni casi documentati durante l’assalto del 7 ottobre.

Alcuni dettagli della difficile trattativa trapelano. Il negoziato per i lavoratori immigrati hanno seguito strade separate e non rientrano nei parametri concordati (3 palestinesi per ogni israeliano). Il governo di Bangkok, infatti, avrebbe fatto sapere ad Hamas di stare valutando la condanna a morte per un detenuto palestinese islamista. E questo sarebbe bastato per accelerare il rilascio degli orientali. Nel considerare la tregua come una finestra d’opportunità per tentare di offrire una chance al dialogo disarmato, il presidente Biden ha annunciato per le prossime ore alcuni aggiornamenti riguardo la tabella di marcia dei prossimi scambi tra Israele e palestinesi, con la concreta possibilità di prolungare la tregua di alcuni giorni. «Infinitamente sollevata» si è detta la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, al vedere nella lista delle persone rilasciate anche i quattro cittadini con il passaporto di Berlino. Secondo i termini del cessate il fuoco di quattro giorni, 50 donne e bambini in ostaggio devono essere restituiti, in cambio di 150 donne e minorenni palestinesi detenuti. Le agenzie Onu hanno espresso la speranza che la tregua permetta di far affluire gli aiuti nel Nord di Gaza per la prima volta da settimane. Nei sobborghi di Gaza City si trovano ancora decine di migliaia di persone che è stato impossibile evacuare.


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