venerdì 18 giugno 2010
Lo Stato ebraico cede agli appelli internazionali e alleggerisce la pressione sul territorio palestinese. Via libera all’ingresso per altri 140 prodotti. Rimane il divieto di importare materiale per le costruzioni a meno che non avvenga sotto la supervisione della comunità mondiale. Il rischio è che possa essere riconvertito per scopi militari. Resta ilo blocco navale. Hamas: propaganda, togliere ogni restrizione.
- Primi piccoli passi per superare la politica dei «no» di R. Redaelli
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Israele cede alle pressioni internazionali e si prepara ad allentare il blocco su Gaza: e così a breve il milione e mezzo di palestinesi, strangolati da tre anni di assedio israeliano, potranno ricominciare a godere di un certo numero di beni di consumo. Dopo giorni di tentennamenti, il gabinetto di sicurezza (l’organismo ristretto del governo israeliano) ha acconsentito ad alleggerire il blocco e permetterà il passaggio di prodotti «di uso civile» che erano stati vietati negli ultimi tre anni; sarà ampliato anche l’ingresso dei materiali da costruzione, ma solo per i progetti civili che sono sotto la supervisione della comunità internazionale; mentre verranno mantenute «le misure di sicurezza per evitare l’entrata di armi e materiali bellici». I dettagli del piano saranno resi noti nei prossimi giorni, ma Raed Fattuh, il coordinatore palestinese delle forniture verso l’enclave, ha detto che la nuova lista riguarda 140 prodotti, tra cui alimentari, giocattoli, cancelleria, utensili da cucina, materassi e asciugamani, mentre i materiali vietati sono 120. Il “via libera” non cambia invece il blocco navale di Israele lungo la fascia e resta il divieto di importare materiale privato per le costruzioni. È stato il ministro della Difesa Ehud Barak al termine del gabinetto a confermare ai giornalisti che un maggiori numero di beni entrerà a Gaza «ma senza togliere il blocco navale», una misura che il governo dello Stato ebraico considera fondamentale per stroncare il traffico di armi destinate ad Hamas. Israele è convinto inoltre che un’importazione anche limitata di cemento e di materiale per le costruzioni spingerebbe Hamas a sequestrarlo e utilizzarlo per rimettere in sesto le infrastrutture militari. In cambio dell’allentamento della morsa su Gaza, Israele chiede alla comunità internazionale «di lavorare per l’immediato rilascio di Gilad Shalit», il soldato israeliano nelle mani di Hamas dal giugno 2006. Il blocco di Gaza era stato imposto da Israele subito dopo la cattura di Shalit e fu rafforzato l’anno dopo quando Hamas prese il controllo dell’enclave palestinese. Ma ormai è opinione diffusa in Israele che il blocco non è servito come strumento di pressione su Hamas per arrivare alla liberazione di Shalit né ha spinto la popolazione a sollevarsi contro il regime del Movimento islamico, che anzi ha consolidato il suo potere. Hamas ha liquidato la decisione come propaganda: ha definito assolutamente «banali e futili» gli oggetti consentiti e ha chiesto la cancellazione completa di tutte le restrizioni imposte sull’enclave palestinese. Un portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri ha detto che «Gaza specialmente ha bisogno di materiale edile il cui ingresso deve essere consentito senza restrizioni».Gli Usa hanno accolto di buon grado «i principi generali» del piano israeliano. «La decisione – ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner – riflette i cambiamenti di cui abbiamo discusso con gli amici israeliani». Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha reagito con «grande interesse» alla notizia. Sulla stessa lunghezza d’onda, il ministro degli Esteri, Franco Frattini: «Israele ha compreso che la strategia dell’assedio di Gaza è controproducente». Per la Francia, invece, la decisione di Israele «è un passo in avanti dall’inizio della crisi ma non è abbastanza, l’embargo va abolito».
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