sabato 9 settembre 2017
È l'iniziativa nella provincia di Dhi Qar, nella regione meridionale irachena. Tra i siti anche la casa del profeta Abramo. Sono 1.200 i siti da controllare ma con solo 155 agenti
Lo Ziggurat di Ur, nel sud dell'Iraq

Lo Ziggurat di Ur, nel sud dell'Iraq

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Una polizia archeologica per proteggere l'enorme quantità di antichità presente nella regione, tra cui dei siti archeologici risalenti fino a 7000 anni fa. È l'iniziativa nella provincia di Dhi Qar, sud dell'Iraq. La casa del Profeta Abramo, lo Ziggurat di Ur, il cimitero reale e il tempio di Dublai-makh, considerato il più antico tribunale della Storia umana, sono tutti situati all'interno di questa regione del Paese. Secondo Ajyal al
Moussawi, a capo del Comitato per il Turismo e le antichità di Dhi Qar, "la provincia conta su circa 1.200 siti archeologici a rischio, non adeguatamente protetti da eventuali assalti e trafugamenti".
Lo stesso al Moussawi tuttavia, intervistato da Al Monitor, considera ancora insufficienti le forze di sicurezza dispiegate nell'area, soprattutto per quel che riguarda il loro equipaggiamento e addestramento specifico. "Le forze di sicurezza istituite per proteggere le antichità a Dhi Qar sono impossibilitate ad assolvere la loro missione.
Centocinquantacinque agenti di sicurezza con equipaggiamento basico non possono essere in grado di proteggere 1.200 siti", il commento di al Moussawi.
Tuttavia la frammentazione dello Stato iracheno, con la debolezza del governo centrale e la relativa autonomia contingente delle diverse province in questi anni di guerra, stanno rendendo gli sforzi per proteggere le antichità parzialmente inefficaci, poiché molte di queste province che hanno firmato gli accordi non hanno preso ancora alcuna misura di contrasto, e molte altre non sono nemmeno a conoscenza delle intese.
La precarietà della sicurezza di molti siti nella provincia è evidente: nei pressi dello Ziggurat di Ur e della
casa di Abramo, ad esempio, c'è un solo checkpoint, presidiato da uno o due poliziotti che controllano i documenti a chi vuole entrare nei siti archeologici. Dentro i siti, c'è una sola guardia armata di kalashnikov: si chiama Dayef Muhsen, un uomo sulla cinquantina che continua nel lavoro di presidio dello Ziggurati di Ur, lavoro che fu già quello di suo padre e di suo nonno, sin dal 1921. "A volte c'è gente che prova a infilarsi nel sito per rubare mattoni o altri oggetti, ma di solito sono in grado di beccarli da solo", spiega Muhsen.
Intanto, l'Unesco sta per annunciare un nuovo programma internazionale per la protezione delle antichità dell'Iraq. Si chiama "Response plan for the safeguarding of cultural Heritage in liberated areas of Iraq", e si prevede potrà mettere a disposizione forze di sicurezza speciali con addestramento specifico, satelliti, tecnici per l'analisi dei reperti trafugati, e sistemi di sicurezza muniti di telecamere.
Quello della protezione dei siti archeologici non sembra però una priorità per Baghdad: l'istituzione di forze di sicurezza adibite alla protezione dei siti a Dhi Qar è una iniziativa del consiglio provinciale, non del governo centrale. Quello del traffico di reperti archeologici sta diventando un dramma nel dramma in Iraq: non bastano centinaia di migliaia di morti, il Paese in questi anni è testimone e vittima della costante distruzione del suo patrimonio artistico, tra i più antichi e preziosi della regione. L'Isis (Daesh) ha tra le proprie fonti di finanziamento proprio il traffico di reperti archeologici, trafugati nei diversi siti, soprattutto nel nord del paese, con la distruzione del palazzo di Ashurnasirpal a Nimrud e di molti altri siti soprattutto nell'area di Mosul.
Non solo la necessità di proteggere il rimanente patrimonio muove le iniziative dell'Iraq in questo campo, ma anche quella di far inserire altri siti archeologici nella lista dell'Unesco. Recentemente le paludi della Mesopotamia, situate proprio nella provincia di Dhi Qar, sono state inserite nel patrimonio dell'umanità.
"C'è un piano per proteggere i reperti, che prevede anche la sottoscrizione di accordi tra le diverse province adiacenti a quella di Dhi Qar, per frenare il traffico", spiega il capo del consiglio provinciale di Dhi Qar, Hamid Al Ghazi.

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