mercoledì 10 novembre 2010
Tredici bombe all’alba contro le abitazioni: 6 uccisi e oltre 30 feriti. Ordigni e colpi di mortaio hanno seminato morte e terrore nei quartieri di Amiriya, al-Mansour, Dora, Zaytouna e Camp Sara. L’arcivescovo Matoka: «Vogliono cacciarci via, e ci stanno riuscendo». Monsignor Najm: «È il tentativo di trasformare lo scontro politico in scontro religioso».
- Perché non venga la notte senza nome di Luigi Geninazzi
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Trattati come il peggiore dei nemici. Li hanno massacrati, dieci giorni fa, mentre pregavano in chiesa: 58 fedeli uccisi, tra cui tre sacerdoti. Li hanno attaccati l’altra notte e all’alba di ieri mentre dormivano nei loro letti: sei morti e 33 feriti. Bombe, 13, e colpi di mortaio a ripetizione contro le loro abitazioni, ormai “fronte” indifeso di una guerra unilaterale e vile. «Cosa possiamo fare? Ci stanno dando la caccia casa per casa», dice affranto il patriarca caldeo Emmanuel Delly. Cosa possono fare? La comunità locale non ce la fa più. Nessun posto è più sicuro, nemmeno casa. E la gente si chiede perché è finita dritta nel mirino di al-Qaeda. Della cellula irachena di al-Qaeda.Sono quelli di al-Qaeda che hanno minacciato, il 31 ottobre, dopo l’attacco alla cattedrale siro-cattolica Nostra Signora del perpetuo soccorso di Baghdad, di colpire i cristiani ovunque, dentro e fuori il Paese. Sono quelli di al-Qaeda che stanno mantenendo la folle promessa, in un’escalation di violenza senza precedenti. La seconda ondata di attentati contro l’indifesa comunità cristiana è iniziata l’altra notte nei quartieri di Amiriya e di al-Mansour, nella parte occidentale della capitale. Tre abitazioni sono state bersagliate da ordigni esplosivi artigianali e granate a mano lanciati da un gruppo di terroristi. Secondo il vicario episcopale siro-cattolico, monsignor Pios Kasha, tre persone sono rimaste ferite, tra cui un bambino di quattro mesi. Poi all’alba, tra le quattro e le sei, la strage. Due ore di autentico inferno. Prima sono state fatte esplodere alcune bombe proprio sull’uscio di quattro abitazioni nel distretto meridionale di al-Dora (quello a maggiore presenza cristiana). Gli edifici sono stati parzialmente distrutti dalla potenza delle esplosioni. Poco più tardi, altri ordigni e colpi di mortaio hanno raggiunto le case cristiane nelle zone orientali di Zaytouna e di Camp Sara. Case di famiglie che erano tornate recentemente a vivere nel loro Paese. È stata presa di mira anche una chiesa, che è rimasta gravemente danneggiata. La gente vuole andarsene. «Negli ultimi due anni mia moglie ha cercato più volte di convincermi ad abbandonare il Paese ma non ero d’accordo – racconta Raed Wissan, cristiano di Dora –. Oggi credo abbia ragione: non voglio sentirmi colpevole se accadrà qualcosa di male ai miei figli». La comunità è ormai una pedina sulla scacchiera di al-Qaeda. I terroristi, che hanno perso terreno e bastioni in Iraq, colpiscono la minoranza più fragile per seminare il caos. La strategia in atto nel Paese è lampante. Come conferma Philippe Najm, procuratore della Chiesa caldea presso la Santa Sede: «Stiamo assistendo al tentativo di trasformare lo scontro politico in scontro religioso, etnico e confessionale, utilizzando il popolo per raggiungere questo scopo». Restare, in queste condizioni, è sempre più difficile. Anche perché «nonostante i proclami, il governo non fa nulla per fermare quest’ondata di violenza che ci travolge», spiega monsignor Atanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Baghdad. «Il terrore bussa alle nostre porte. Le famiglie sono sconvolte – aggiunge – Vogliono cacciarci via, e ci stanno riuscendo». Quindi l’appello: «Chiediamo un pronto intervento della Comunità internazionale e supplichiamo il Papa e la Chiesa universale di venire in nostro aiuto. Oggi non possiamo fare altro che sperare e pregare in lacrime». Il Consiglio di sicurezza dll’Onu si è detto «sconcertato» dagli attacchi ai cristiani in Iraq. Cristiani che sono l’«avamposto della democrazia nel Paese», ha commentato l’ambasciatore francese. La Farnesina ha «condannato con forza», l’ondata di violenza e Franco Frattini (che ai primi di dicembre sarà a Baghdad) ha «sollecitato una discussione a Bruxelles in occasione del prossimo Consiglio dei ministri degli Esteri». Gli occhi del mondo devono tornare sull’Iraq.L'appello dell'arcivescovo di Baghdad. Un accorato appello al Papa, alla Chiesa universale e alla comunità internazionale è stato lanciato attraverso l'agenzia vaticana Fides, da monsignor Atanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Baghdad,  "Il terrore - ha detto Matoka - bussa alle nostre porte. Vogliono cacciarci via, e ci stanno riuscendo. Il paese è in preda alla distruzione e al terrorismo. I cristiani soffrono sempre più e vogliono abbandonare il paese. Non abbiamo più parole". Nonostante i proclami, il governo non fa nulla per fermare quest'ondata di violenza che ci travolge - denuncia l'arcivescovo - Ci sono poliziotti davanti alle chiese, ma oggi sono le case dei nostri fedeli a essere aggredite. Sono state colpite famiglie cristiane caldee, siro-cattoliche, assire e di altre confessioni, nel distretto di Doura". Quindi ha affermato: "Un profondo sconforto avvolge la nostra comunità. L'ondata di attacchi è sempre più forte. Dieci giorni fa la strage nella nostra cattedrale. Oggi hanno colpito le nostre case. Le famiglie piangono, tutti vogliono fuggire. È terribile".Bertone. Il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, auspica che "le autorità irachene prendano in seria considerazione" la situazione dei cristiani nel Paese, dopo la nuova ondata di attacchi a Baghdad questa mattina. Rispondendo alle domande dei giornalisti a margine della presentazione a Roma del primo bilancio della fondazione della Casa sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, il "primo ministro" vaticano ha ricordato che "è una sofferenza indicibile quella delle comunità cristiane sparse nel mondo e in questo momento soprattutto in Iraq". L'attentato di oggi, ha proseguito, "è un fatto molto doloroso. Stiamo riflettendo, come ha già fatto il Sinodo dei vescovi su questo grosso problema della persecuzione dei cristiani. Questa sofferenza indicibile delle comunità cristiane sparse nel mondo è, in questo momento, soprattutto in Iraq. Ma pensiamo anche ad altri paesi come il Pakistan e altri". Il Vaticano, ha spiegato Bertone, è "riconoscente perchè sia il governo francese che quello italiano hanno messo a disposizione mezzi per trasportare i feriti più gravi".
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