martedì 18 maggio 2010
Erdogan: non servono più le sanzioni Onu. Medvedev: «Aprire nuove consultazioni  fra le parti interessate». Frattini: un passo avanti, ma le domande restano senza risposta.
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Teheran ha accettato la proposta di trasferire entro un mese 1.200 chilogrammi di uranio a basso arricchimento in Turchia in cambio di 120 chili di uranio arricchito al 20%. Questi li riceverà fra 12 mesi per il suo centro di ricerca e medico di Teheran. Mediatori il presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva e il premier turco Recep Tayyp Erdogan che hanno convinto Mahmoud Ahmadinejad ad apporre la sua firma sul protocollo. Per entrare in vigore serve il via libera dell’Aiea così come di Stati Uniti, Francia e Russia, i Paesi del Gruppo di Ginevra, che per primi, lo scorso autunno avevano ipotizzato uno scambio sul modello di quello proposto domenica da Lula.In autunno Ahmadinejad aveva fatto saltare le trattative: chiedeva che lo scambio fra uranio arricchito al 3,5% e al 20% avvenisse contemporaneamente e sul territorio iraniano. Il punto centrale dell’intesa è invece proprio il trasferimento «entro un mese» dell’uranio grezzo e la restituzione fra un anno del combustibile. Sia Lula sia Erdogan hanno definito il patto una «vittoria della diplomazia» sottolineando come non vi siano più le basi per una quarta tornata di sanzioni Onu.Il presidente russo Dmitrij Medvedev ha salutato positivamente l’impegno firmato dall’Iran e ha chiesto «nuove consultazioni di tutte le parti interessate» sul contenzioso nucleare. Eppure è stato lo stesso leader del Cremlino a sollevare alcune obiezioni. «La domanda è: l’Iran arricchirà l’uranio? Da quello che capisco dai suoi funzionari statali, questa attività continuerà. In questo caso le paure della comunità internazionale rimarrebbero», ha detto Medvedev. Pur accettando la proposta brasiliana, Teheran ha fatto sapere che non fermerà le centrifughe per l’arricchimento in funzione a Natanz e che il programma originario non cambia.Ecco perché la Casa Bianca si dice «seriamente preoccupata». Obama ritiene – ha detto il portavoce Robert Gibbs – che l’accordo di Teheran deve essere sottoposto all’Aiea prima di essere considerato dalla comunità internazionale. La Casa Bianca ha quindi definito «vaga» l’intesa, pur ricordando che Washington continuerà a lavorare insieme ai partner internazionali per far giungere a Teheran il chiaro messaggio che l’Iran deve rispettare i suoi impegni internazionali nel campo nucleare o affrontare le conseguenze, comprese nuove sanzioni. «Non verranno modificati – ha detto Gibbs – i passi che stiamo compiendo per costringere l’Iran a ottemperare ai suoi impegni, incluso il passo delle sanzioni». Gli Usa, ha sottolineato il portavoce del presidente, stanno conseguendo «progressi graduali» verso il traguardo di una risoluzione Onu su nuove sanzioni. Quelle che Erdogan invece esclude: «La mia aspettativa è che dopo questa dichiarazione non ci sarà più bisogno di sanzioni». Nelle capitali europee si sottolinea «il passo nella giusta direzione» ma si evidenzia che l’accordo non può essere considerato «sostitutivo» di un’eventuale intesa con l’Aiea. Il portavoce della diplomazia francese Bernard Valero ha elencato i punti di attrito, «dalle attività di arricchimento a Natanz, alla costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak». Sino «alla dissimulazione del sito di Qom e alle domande degli ispettori dell’Aiea lasciate senza risposta». Anche Londra ha preso le distanze dall’intesa. «L’Iran resta una seria fonte d’inquietudini», ha sottolineato il sottosegretario agli Affari esteri Alistair Burt. Cauto il ministro degli Esteri Franco Frattini: È «un passo avanti», che non risolve tutti i dubbi e lascia «ancora senza risposte», le domande sulla natura pacifica del programma nucleare.
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