martedì 8 giugno 2010
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Settimana decisiva per le sanzioni all’Iran, e il presidente Ahmadinejad, con un misto impossibile di furbizia e ingenuità, impacchetta l’attenzione mondiale sperando di spedirla lontano dalle sue più prossime preoccupazioni per dirottarla verso Gaza. Nello specifico, su tre navi, che il leader della Repubblica islamica, in difficoltà come mai negli ultimi anni sul fronte nucleare, è intenzionato a dirigere verso l’enclave sull’esempio di Freedom Flottilla. Spera, Ahmadinejad, rompendo l’assedio di Gaza, di rompere l’isolamento dell’Iran. E spera in un consenso internazionale sull’iniziativa umanitaria che possa fruttare, a lui e al suo governo, un (improbabile) ammorbidimento delle misure in arrivo dal Consiglio di sicurezza dell’Onu (il voto è previsto a metà settimana). E intanto incrementa i contatti con i leader regionali e non – dall’omologo siriano Bashar al-Assad, a quello venezuelano Hugo Chavez – per compattare un fronte comune sulle misure da adottare contro il sanguinoso blitz israeliano di settimana scorsa sulla Mavi Marmara.Le navi piene di aiuti saranno predisposte dalla Mezzaluna rossa iraniana (l’equivalente della Croce Rossa). A bordo ci saranno medicinali, attrezzature sanitarie per operazioni e procedure d’urgenza, e personale medico. Ma anche un carico di pesanti “preoccupazioni” visto che i Pasdaran (i fedelissimi del regime iraniano) hanno fatto sapere di essere pronti a scortare «con tutta la loro potenza e la loro capacità» la flottiglia in partenza. Quanto successo con la Mavi Marmara è tutt’altro che un ricordo. E i timori di un nuovo esito infelice, o di conseguenze regionali, considerata la portata ideologica – e non solo umanitaria – dell’evento, si moltiplicano. L’iniziativa «è un chiaro segnale alla comunità internazionale che Teheran vuole prendere il controllo di Gaza», ha valutato il ministro degli Esteri Franco Frattini. Ed è «prima di tutto contro Hamas», ha aggiunto. Il direttore della Mezzaluna Rossa iraniana, Abdolrauf Adibzadeh, ha detto che due navi salperanno «entro la settimana». E che una terza, una «nave ospedale», partirà più un in là, insieme a un aereo. Dall’Egitto, intanto, è in viaggio da ieri mattina verso la Striscia una carovana umanitaria, carica di aiuti, organizzata dal gruppo dei Fratelli Musulmani. Il convoglio percorrerà via terra il Sinai fino al valico di Rafah (confine con la Striscia), aperto sei giorni fa proprio dal governo del Cairo per permettere l’ingresso a Gaza degli aiuti. Le autorità israeliane, ancora sotto pressione per la strage sul mare davanti a Gaza – il premier Benjamin Netanyahu ha rifiutato la richiesta formulata dal Segretario generale delle Nazioni Unite di dar vita a un’indagine multinazionale sull’accaduto – si sono affrettate ieri a definire quella iraniana l’«ennesima provocazione», pur sottolineando di non ritenere credibile la proposta. «Non sorprende che Teheran cerchi di strumentalizzare la tensione di questi giorni – ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor – poiché il regime di Hamas è sotto la tutela iraniana». In realtà, da Gaza l’iniziativa di Teheran è vista con diffidenza. I dirigenti del gruppo islamico, tradizionalmente allergici alle interferenze politiche dei vicini regionali (da cui pure accettano il sostegno finanziario per l’approvvigionamento di armi), temono l’ingombrante solidarietà iraniana, soprattutto adesso, nel momento in cui stanno cercando di capitalizzare l’attenzione mondiale portata a Gaza dalle navi di Freedom Flottilla. E anche in vista delle nuove prospettive introdotte dal premier turco Recep Tayyip Erdogan, che dopo i fatti di Freedom Flottilla si è fatto portavoce della battaglia contro il blocco, proponendosi come protagonista della mediazione tra gli attori regionali (togliendo in questo luce all’Egitto). La Turchia potrebbe “tirare” Hamas verso orizzonti moderati, sganciando ancora di più il gruppo dalla tutela iraniana. Ma l’exploit di Ahmadinejad rischia di rompere anche questo disegno. Per intanto, Jamal al-Khudri, deputato di Hamas nel Parlamento palestinese, ha fatto sapere che «non vogliamo che ci sia alcuna interferenza militare iraniana per rompere l’embargo». Dalla Striscia di Gaza, invece, un eloquente silenzio dei leader del gruppo Hamas.
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