venerdì 10 settembre 2010
Inattesa uscita sui media del "lider maximo". In un'intervista con un reporter Usa, Castro ha riconosciuto che si deve riorganizzare l'economia: il modello comunista non è più adatto a Cuba.
- Fidel archivia il «modello Cuba». Qualcuno avverta Chavez di G. Ferrari
COMMENTA E CONDIVIDI
Il modello economico cubano non si può esportare, perché «non funziona» neppure nell’isola caraibica. La dichiarazione non appartiene ad un oppositore della dissidenza cubana a Miami. A pronunciare queste poche parole – durante una lunga intervista con un giornalista statunitense – è stato proprio il Lider maximo, il padre della rivoluzione cubana: Fidel Castro. Il più anziano dei fratelli Castro – ha 84 anni – ha realizzato una particolarissima autocritica di fronte al reporter Jeffrey Goldberg e all’analista americana Julia Sweig. L’incontro – all’Avana – è durato oltre 10 ore, distribuite in varie giornate. Fra una pausa e l’altra, durante un pranzo a base di pesce e vino, la scorsa settimana il corrispondente della rivista The Atlantic ha chiesto a Fidel se il sistema economico cubano era tuttora esportabile verso altri Paesi. «Il modello cubano non funziona neppure per noi», ha risposto l’intervistato. Le parole dell’anziano leader comunista hanno colpito profondamente Goldberg, che più tardi ha spiegato ai colleghi del Miami Herald: «Lo ha detto in modo informale, ma non stava scherzando». Non era un gioco dialettico: secondo il giornalista Castro stava realmente riconoscendo che suo fratello Raul – al timone del regime cubano – «deve riordinare il sistema economico per mantenere a galla il Paese». Non si tratterebbe di un’autocritica anti-rivoluzionaria, dunque, ma solo di una triste ammissione: l’inefficienza del modello comunista cubano reclama – urgentemente – delle riforme. Un implicito appoggio (o un incoraggiamento) alle prossime mosse del fratello Raul? Probabile. Anche per l’analista Sweig – esperta in politica cubana  – nell’intervista all’Atlantic Fidel avrebbe riconosciuto che il ruolo dello Stato, nell’economia dell’Avana, è ormai troppo pesante. La pessima situazione dell’isola caraibica non è una novità. Lo Stato controlla quasi il 90 per cento dell’economia e regola il mercato dei settori più differenti, dai trasporti all’abitazione, passando per gli alimentari. Gli stipendi dei lavoratori oscillano intorno ai 20 dollari, mentre l’educazione e il sistema sanitario sono totalmente gratuiti e vengono considerati il fiore all’occhiello della rivoluzione cubana. Dopo il crollo dell’ex Urss – che in passato sosteneva l’economia dell’Avana con generosi aiuti – in soccorso dell’isola è arrivato il governo venezuelano di Hugo Chavez, che considera Fidel come «un padre e un fratello». In un’anticipazione dell’intervista pubblicata nel blog di Goldberg, Fidel Castro ha criticato duramente il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad (uno dei principali alleati internazionali di Chavez) per aver negato l’Olocausto e lo ha invitato a smettere «di diffamare gli ebrei». Poco dopo, Chavez ha annunciato una prossima riunione con la comunità ebraica venezuelana.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: