venerdì 28 febbraio 2014
​Boris Najman, docente a Parigi. «L'Europa riunisca subito un tavolo di finanziatori. L'obiettivo è la stabilità del Paese».
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«I nuovi esecutivi dovranno sciogliere il nodo delle rendite sul transito di gas, assicurate fin dall’indipendenza tacitamente alle élite ex-comuniste e, da allora, oggetto di massicce malversazioni. Sono ancora al centro della crisi e ne hanno beneficiato fra gli altri il presidente ora fuggito Viktor Janukovich, l’ex premier Lazarenko, ma pure Julija Timoshenko».A sottolinearlo è l’economista francese Boris Najman, docente all’Università Upec (Parigi 12) e specialista della transizione post-sovietica in Ucraina, dove ha insegnato.A proposito del gas, l’Ucraina patisce il “paradosso dell’abbondanza”?Per molti aspetti, sì. Come in Spagna secoli fa o ancor oggi in Africa, scoprire e utilizzare risorse naturali non basta a far funzionare l’economia. Spesso, è vero il contrario, quando le attività manifatturiere risultano per questo inibite.A livello finanziario, Kiev è vicina alla bancarotta? Per un Paese di 47 milioni di abitanti, rispetto a Stati con un sistema finanziario molto più esteso, i rischi di bancarotta sono limitati, dato che le necessità a breve scadenza sono relativamente piccole. Per l’Ue, in particolare, i bisogni ucraini attuali rappresenterebbero uno sforzo modesto, meno di un decimo di quanto versato alla Grecia.Il peso dell’economia sommersa è un handicap?Rappresenta circa il 40% del Pil, ma solo una porzione minoritaria è legata ad attività criminali. Esprime soprattutto la debolezza delle istituzioni, che non riescono ad incitare la gente a lavorare legalmente. Anche per questo, il Paese ha bisogno in fretta di un sistema fiscale equo ed efficace. Si può sperare di recuperare i fondi della corruzione?In situazioni simili, non abbiamo visto finora casi di riassorbimento massiccio delle fughe di capitali. A mio parere, ai meccanismi di tracciabilità finanziaria che l’Ocse vuole attivare, occorrerebbe associare sanzioni mirate sui responsabili politici. L’Ucraina esporta ad esempio una parte dei suoi metalli attraverso le Isole Vergini. Ma il problema è sistemico, non solo ucraino.Nelle campagne, si rischierà la fame?C’è già una povertà rurale diffusa. Soffrono in particolare i pensionati o le madri sole con numerosi figli. Un’alta porzione della popolazione è appena sopra la linea di povertà. Per questo, occorre ripristinare in fretta uno Stato funzionale per predisporre misure sociali, mai incluse finora nelle priorità governative.Quali sono le priorità economiche assolute?Innanzitutto, rendere trasparenti le regole sul transito del gas, affidandone il controllo a un’autorità indipendente. È un punto chiave. Poi, riformare i conglomerati economici dell’Est, rendendoli più autonomi dal potere politico. La piazza vuole proprio la fine dei conflitti d’interesse.L’Europa può scongiurare eventuali rappresaglie economiche russe?L’Unione Europea può fare pressione su Mosca, ma dovrebbe pure favorire il ritorno alla stabilità in Ucraina con aiuti e investimenti, certo legati a condizioni precise. Occorre modernizzare l’agricoltura e finanziare le piccole imprese. L’Europa deve mostrarsi capace di riunire un tavolo di finanziatori. L’Ucraina è oggi all’alba di uno stato di diritto e l’economia deve essere prioritaria. Gli oligarchi lasceranno fare?Pragmaticamente, molti aderiranno, se l’Europa offre vere prospettive di sviluppo. Maidan vuole al timone degli esperti e credo abbia ragione. Questa gente ha dimostrato una maturità ammirevole. Solo così il Paese allontanerà lo spettro della divisione.

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