mercoledì 23 febbraio 2011
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Il vescovo Giovanni Innocenzo Martinelli, francescano, è nato in Libia 69 anni fa. Dal 1985 è il vicario apostolico di Tripoli. Avvenire lo ha raggiunto al telefono nella tarda mattinata di ieri. «La situazione a Bengasi, – racconta – per quanto riguarda la chiesa, i luoghi di culto e le comunità religiose è ora tranquilla, non ci sono problemi particolari. Siamo assistiti dai libici amici. Abbiamo ripreso contatto con le due comunità di religiose negli ospedali di Beida dove hanno dovuto lavorare molto perché lì ci sono stati molti feriti». In generale qual è la situazione in Cirenaica?Il figlio di Gheddafi si è espresso a favore di una forma di indipendenza di quella zona, ma non è ancora chiaro cosa voglia dire. Sta di fatto che avevamo chiesto una certa assistenza per la chiesa e le comunità religiose, ma ci hanno detto che la polizia non poteva intervenire. Allora ci siamo rivolti agli amici della Islamic Call Society e della Mezzaluna rossa e ci hanno dato assicurazioni in questo senso».Ci sono cattolici lì?Ce ne sono molti, filippini e africani. I filippini lavorano con compagnie estere, ma ora hanno chiesto loro di lasciare il Paese.E il vicario apostolico di Bengasi, il vescovo Sylvester Carmel Magro?Durante il giorno è in chiesa, mentre la notte va a dormire nel compound dell’ospedale, per maggiore sicurezza.A Tripoli com’è la situazione?In questo momento la situazione sembra abbastanza tranquilla. Ieri ci sono stati manifestazioni e incendi. Stamane sono uscito per visitare e celebrare messa da due comunità di religiose distanti alcuni chilometri da qui. Abbiamo superato alcuni check point dove ci hanno chiesto documenti e ci hanno lasciato passare.Le agenzia stampa parlano di centinaia di morti...Bisogna stare attenti a quello che scrivono le agenzie. Ad esempio ho sentito che a Tunisi hanno ascoltato la notizia che sarebbe stata bombardata la cattedrale, dove siamo noi, e incendiato l’aeroporto. Non mi risulta. Grazie a Dio sia la chiesa che il personale religioso non hanno avuto finora problemi.Che giudizio si è fatto di quanto sta accadendo?Credo che si tratti di una crisi generazionale, ci sono giovani che non riescono a costruirsi un futuro e diventano aggressivi. Penso sia importante poterli ascoltare e trovare il modo di soddisfare queste esigenze fondamentali.Vede il pericolo del fondamentalismo islamico?Il pericolo esiste. Credo che la paura più grossa può essere questa. Se queste esigenze generazionali vengono strumentalizzate da queste realtà allora tutto è più difficile.
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