Un uomo davanti alle rovine della sua abitazione ad Altadena, comunità di 42mila abitanti situata 23 chilometri a nord di Los Angeles a 400 metri di quota - Ansa
Non bruciano solo le ville milionarie dei vip, negli incendi che assediano Los Angeles. Brucia anche la rabbia delle comunità di persone ordinarie che non hanno divi a difenderne la causa. Le immagini della fuga dalle residenze di Pacific Palisades, affacciate sulle spiagge di Malibu, hanno fatto il giro del mondo. Meno si sono visti gli scheletri dei bungalow di Altadena, 42mila abitanti alle pendici dei monti San Gabriel, 7 chilometri a nord di Pasadena dove ha sede una base della Nasa.
Tagliata via da Los Angeles negli anni Sessanta con la costruzione di nuove autostrade, per decenni Altadena è stata una comunità nera e ispanica. Negli anni Settanta con 50mila dollari si comprava un trilocale. Oggi vale un milione. Le cose sono cambiate con l’arrivo degli ingegneri della Nasa e dei giovani intellettuali attratti dalla vicinanza alla natura: le montagne, con i boschi in fiamme, sono alle spalle dell’abitato. Se nel 1990 i neri erano il 40% della popolazione, oggi sono il 18%. Un altro 27% è dato dagli ispanici. L’aria è impregnata di fumo e polveri sottili, quasi irrespirabile come in tutte le zone colpite dagli incendi. Carcasse di auto carbonizzate, cenere. L’Eaton Fire, che da martedì notte investe la zona, ha causato 6 delle 11 vittime dei roghi. Distrutte o danneggiate 7mila tra abitazioni, negozi e auto). Feriti 4 vigili del fuoco.
Devastazione in una strada di Altadena - Ansa
Eppure, è il grido di protesta della gente, il mondo sembra non vedere Altadena. Qui i soccorsi sarebbero stati meno tempestivi che altrove. E non ci sono quei "pompieri privati" che sono spuntati a Palisades. Chissà se vedranno Altadena – ed è questo a preoccupare di più – le compagnie assicurative, alle prese con i risarcimenti da capogiro per le ville dei divi sulla costa. «Non ci daranno il valore della nostra casa, oppure dovremo lottare parecchio per averlo» lamenta Kay Young, 63 anni, sentito da Reuters. Per Inez Moore, 40 anni, ricercatrice all’università della California con casa ad Altadena, molti residenti avranno difficoltà a destreggiarsi nella burocrazia dei risarcimenti e saranno danneggiati finanziariamente molto più di chi abita nei quartieri abbienti della contea: «Ci sarà chi non otterrà quello che merita e chi avrà più di quanto gli occorre».
Un giornalista della National Public Radio, Adrian Florido, si è imbattuto in un gruppo di immigrati ispanici arrivati da altri quartieri e impegnati a salvare abitazioni. Ha parlato con una ventina di volontari che cercavano di contenere le fiamme con tubi da giardino e secchi d'acqua. «I nostri valori vengono davanti a tutto», gli ha detto una donna immigrata dal Guatemala che per vivere fa le pulizie. E un messicano senza documenti: «Non devi avere le carte in regola o essere cittadino americano per aiutare altri. Chi aiuti se lo ricorderà».
Dal Messico è arrivata in California una squadra di vigili del fuoco, per dare man forte ai 10mila colleghi americani al lavoro da giorni. «Lo facciamo non solo perché il popolo e il governo del Messico sono sempre stati generosi, ma anche perché in questa zona degli Stati Uniti ci sono molti messicani», ha detto la presidente Claudia Sheinbaum.
Mentre il bilancio aggiornato è di 11 morti e 13 dispersi, 153mila evacuati e 166mila allertati, il governatore della California, il dem Gavin Newsom, ha invitato il presidente eletto Donald Trump a Los Angeles per verificare il disastro. «Non dobbiamo politicizzare una tragedia umana o alimentare disinformazione», gli ha scritto. Trump aveva chiesto le sue dimissioni per la risposta “tardiva” agli incendi.
Sulla costa le fiamme non danno tregua: l'incendio di Palisades continua a espandersi, sono state ordinate ulteriori evacuazioni. Il rischio è che le colline che corrono perpendicolari all'oceano non riescano a contenere il fuoco, che potrebbe minacciare, a nord e a est, i quartieri di Encino, Brentwood e Bel Air.
In un telegramma inviato all’arcivescovo di Los Angeles a nome del Papa dal Segretario di stato, cardinale Pietro Parolin, si legge: «Rattristato per la perdita di vite umane e per la diffusa distruzione causate dagli incendi vicino a Los Angeles», Francesco assicura «alle comunità colpite da questa tragedia la sua vicinanza spirituale».