«Una reazione sbagliata, una risposta superficiale ed emotiva che rischia d’innescare un corto circuito molto pericoloso ». È netto il giudizio di monsignor Pier Giacomo Grampa, vescovo di Lugano e responsabile della Conferenza episcopale svizzera per i rapporti con l’islam, sull’esito del referendum che ha detto no ai minareti nella Confederazione Elvetica.
Eccellenza, c’è chi nel voto popolare ha visto la difesa, sia pure un po’ rozza, dell’identità cristiana e della civiltà europea... Mi piacerebbe che fosse così. Certo, non escludo che in qualche elettore abbia giocato questo tipo di motivazione. In generale però il voto è stato il frutto della paura, dell’ostilità e dell’incapacità d’accogliere il diverso. Penso che la maggioranza di chi ha detto no ai minareti non lo abbia fatto per difendere l’identità cristiana ma per blindare il proprio egoismo. Non è il il sintomo di una forte identità ma di una coscienza fragile che teme il confronto interculturale cui l’intera Europa è chiamata in questo momento storico.
Non crede che anche molti cattolici si siano espressi per il divieto dei minareti? Sì, indubbiamente. Purtroppo anche molti di loro hanno pensato di risolvere il problema dell’islam con un Verboten, con delle proibizioni. Si sono dimenticati che per 150 anni i cattolici in questo Paese hanno dovuto subìre tre articoli costituzionali che hanno fortemente impedito l’attività della Chiesa. Ma noi abbiamo bisogno d’affermare una laicità positiva, non una chiusura ed una grettezza che conduce a derive pericolose in tema di libertà religiosa. Contro i minareti, certo. Ma anche contro i crocifissi nei luoghi pubblici.
Qualcuno ha osservato però che il minareto non è un simbolo religioso ma un segno di conquista e di dominio... No, non è così. Il minareto è semplicemente il segno di una tradizione. Chi se la prende con quel simbolo sbaglia clamorosamente obiettivo.
Cosa intende dire? Il vero problema non è il minareto ma la moschea, quel che si predica e s’insegna lì dentro. Io condivido le preoccupazioni per l’islamismo radicale e aggressivo e per il fanatismo di certi imam. Ma è appunto su questo che va tenuta alta la sorveglianza. Impedire la costruzione di un minareto è fin troppo facile. Ma è anche contro-producente: dentro la moschea crescerà l’integralismo.
Che conseguenze avrà il voto di domenica? I leader musulmani hanno subito reagito con grande disappunto: non s’aspettavano che un Paese di grande civiltà e di rispetto delle minoranze imboccasse questa strada. Potrebbe nascere un partito islamico in Svizzera. Ma il problema ovviamente non riguarda solo la nostra Confederazione. Temo ritorsioni all’estero. Già in molti Paesi islamici la presenza dei cristiani è sottoposta a pesanti limitazioni ed anche a persecuzioni. Abbiamo sempre invocato il principio di reciprocità. Ma sarebbe assurdo farlo valere in modo inverso: siccome voi, Paesi islamici, non rispettate la libertà religiosa allora anche noi diventiamo intolleranti!
E adesso cosa pensate di fare? Prima di tutto dobbiamo ricordare che sia le autorità politiche, sia il parlamento, sia le Chiese non volevano un simile risultato. Da parte nostra ribadiamo che il dialogo inter-religioso con l’islam va avanti. Anche se non ci nascondiamo che è diventato più difficile.